SUNN IL MITE NON EFFETTUA ALCUN MONITORAGGIO O ANALISI DEI DATI DEGLI UTENTI

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giovedì 25 febbraio 2010

Disastro ambientale in Lombardia


Lo sporco viaggio dell'onda nera


Eleonora Formisani
[24 Febbraio 2010]

Disastro ambientale in Lombardia. Gasolio e petrolio fuoriescono dalla ex raffineria Lombarda Petroli e finiscono nel fiume Lambro. Un atto doloso secondo la procura di Monza che apre un fascicolo. Sull'area l'ombra della speculazione edilizia con il placet del Comune.

Una marea nera di gasolio e petrolio, inarrestabile, micidiale ha avvolto il fiume Lambro. Si tratta di 600 mila litri di materiale tossico proviene dalla «Lombarda Petroli», una ex raffineria di Villa Santa in provincia di Monza. Ignoti hanno aperto i collettori di collegamento di tre cisterne del deposito facendo fuoriuscire il gasolio e l’olio combustibile che si sono riversati nel fiume.
Quasi certamente si tratta di un atto doloso [come è emerso da una riunione pomeridiana in Prefettura] sul quale la Procura del Tribunale di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Secondo gli investigatori l’azione è stata condotta da persone che sapevano come azionare le valvole e sapevano anche quali erano i serbatoi pieni. L’accusa, al momento, è a carico di ignoti.
Nel corso della nottata le squadre specializzate hanno pompato gli idrocarburi posizionando delle barriere e dei materiali oleoassorbenti che però non hanno retto, la marea nera è riuscita a raggiungere il tratto piacentino del fiume Po e continua la sua corsa.
Un disastro ambientale di enorme portata. La macchia, grande almeno mille metri cubi come ha chiarito l’Arpa, è partita da Monza per poi attraversare alcune zone di Milano e Lodi. Centinaia gli animali morti: pesci, anatre selvatiche, aironi, germani reali. L’ecosistema del Parco regionale del Lambro è a serio rischio e i sindaci della zona sono stati invitati ad avvertire la popolazione di non bere l’acqua del rubinetto. Non solo, il fiume è off limits anche per innaffiare gli orti e i campi e, ovviamente, non si potrà più pescare, avverte la Asl Milano 2.
«Una vera e propria catastrofe ambientale – secondo il presidente di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine – L’impatto sulle comunità biologiche è ancora tutto da quantificare, ma per molto tempo produrrà un deserto biologico».
Forse questo è il colpo di grazia al fiume, uno dei più inquinati d’Italia nonostante i diversi miliardi investiti per il suo risanamento e nonostante la delocalizzazione di molte industrie dell’area brianzola.
«Nel 1988 era stato istituito un piano straordinario di bonifica ‘Lambro-Seveso-Olona’ per riqualificare i tre fiumi più importanti e più degradati dell’area milanese, ma non è mai stato realizzato. – ha dichiarato Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia – Lo stesso piano di tutela delle acque regionale ha rinunciato esplicitamente alla possibilità di un serio recupero del fiume, affermando che sarebbe comunque impossibile entro il 2015 raggiungere il ‘buono stato ecologico’ richiesto dall’Europa. Dopo la dichiarazione di ‘morte biologica’ del Lambro, l’entrata in funzione dei 3 depuratori milanesi ha ridato al fiume una seppur minima vitalità ma questo non basta certo per salvare la situazione».
Ora uno dei tre depuratori, quello di Monza che serve mezzo milione di abitanti, è fuori uso. «C’è da mettere in conto il fatto che per settimane, forse mesi, quel depuratore sarà fuori servizio. Per cui il disservizio farà si che oltre all’inquinamento da gasolio si aggiungerà anche un inquinamento da sostanze organiche, da sostanze tossiche provenienti dalle aree industriali della Brianza. Un danno molto serio, anche nel medio periodo», aggiunge Di Simine.
Sull’area dell’ex raffineria Lombarda Petroli che stava per essere definitivamente dismessa, c’è molto interesse. È proprio qui infatti che, secondo un piano del comune datato 2004 con variante al piano regolatore, dovrebbe nascere un quartiere polifunzionale di 300 mila metri quadri: l’Ecocity Villasanta del valore di 250milioni di euro. A costruire sarà il gruppo Addamiano Costruzioni di Nove Milanese. «Un nuovo quartiere con particolare attenzione all’ecocompatibilità, all’utilizzo di tecnologie e materiali innovativi, al risparmio energetico, con uno stile architettonico che sia interprete degli stili di vita contemporanei e in linea con le tendenze future, e che leghi ambiente ed edifici in un unico elemento», si legge nella presentazione del progetto presentato dal gruppo.
Sarà la magistratura a chiarire, intanto la Regione Lombardia ha chiesto lo stato di emergenza.

fonte: carta

lunedì 22 febbraio 2010

Coca Cola, una parte in causa nell'acqua indiana " free for all"

Titolo originale: Coca Cola just a part of India's water "free for all"
Tom Levitt
4 dicembre, 2009
Translation: Luca Giammarco
La scarsità d'acqua e la cattiva gestione delle risorse idriche dell'India, hanno creato una situazione critica per l' ambiente e per le popolazioni locali che potrebbe ulteriormente aggravarsi a causa dei cambiamenti climatici.
Armati di striscioni inneggianti alla “Giustizia Climatica” più di 2000 contadini si sono diretti verso lo stabilimento di imbottigliatura della Coca-Cola situato in Mehdiganj, nel nord del paese, all'inizio di questa settimana, per chiederne la chiusura.

I contadini accusano la compagnia di prosciugare le falde acquifere, abbassandone il livello sino a lasciare gli agricoltori e le comunità locali senza acqua; la risorsa idrica è così in profondità che non hanno i mezzi per poterla raggiungere.
Da quando l'impianto è stato aperto nel 2000, i livelli delle falde potabili sono scesi di 6 metri, e, quando la regione, nei primi mesi del 2009, è stata colpita da una grave siccità, le colture agricole, il sostentamento principale delle popolazioni locali, sono andate distrutte.

Cos'è più importante” chiede Nandlal Master, un attivista locale, “ soddisfare le esigenze idriche dei contadini e delle comunità locali o produrre massivamente bottiglie di Coca-Cola esaurendo le risorse idriche?”
La risposta a questa domanda per noi è chiara, la Coca-Cola deve andar via” egli afferma.

Sono sempre i poveri a subire
La disputa di “ Mehdigani è solo una delle innumerevoli proteste che attraversano l'intera India. Due stabilimenti della Coca-Cola infatti, sono stati chiusi dopo l'opposizione delle comunità locali alla fornitura dell' acqua.
Inoltre, non tutte le controversie sono semplici come “ la grande corporazione contro le comunità locali”. C'è però una cosa che accomuna tutte queste dispute, come dice Tom Palakudiyil di Water Aid, alla fine quelli che ci rimettono sono sempre i poveri.
Quello che abbiamo visto succedere con Coca-Cola sta accadendo in tutto il paese, principalmente fra i benestanti e la classe media.
La parte ricca della popolazione ha la possibilità di acquistare pompe molto potenti ed estrarre acqua illimitatamente.
Nel caso di grosse corporazioni come la Coca-Cola, o altre grandi industrie che hanno una influenza forte sui governi locali, le aziende creano condotte idriche di pompaggio che deviano totalmente il flusso idrico destinato ai villaggi, afferma Palakudiyil.

Gratuita e per tutti [solo quelli che possono comprare le pompe... ndt ]
Patrick McCully dell' International Rivers è in accordo con quanto detto. Egli afferma che la situazione sta degenerando verso un pericoloso “ gratuito per tutti”. Non vi è nessuna regolamentazione in materia, in tal modo chiunque è libero di piantare una conduttura nel terreno.
Quelli che restano al palo in tutte queste dispute sono i piccoli agricoltori; senza adeguate forniture idriche il 70% degli agricoltori indiani non produce alcunché.
La regione Bundelkhand, nel nord dell' India, è un tipico esempio di cosa accade quando le risorse idriche vengono prosciugate. Sebbene non fosse mai stata una regione lussureggiante, la regione ha perso completamente la capacità a sostenere la piccola agricoltura. 
Tom Palakudiyil di Water Aid dice che senza un sostentamento i contadini emigrano in città, aggravando i già esistenti problemi urbani, nella più completa povertà.  
La fruibilità delle risorse idriche è comunque persa, per questi soggetti”, afferma Palakudiyil

Fuga dai villaggi
Secondo il Dr David Molden del International Water Management Institute in Sri Lanka (IWMI), alcune migliaia di villaggi che erano impossibilitati all'approvvigionamento idrico, anche con autobotti, sono stati completamente abbandonati. I villaggi dove le popolazioni sono rimaste in loco sono potenziali zone di conflitto.
Il problema è che moltissime persone sono dipendenti dalle falde freatiche poiché il loro sostentamento consiste, esclusivamente, nell'agricoltura diretta”, […] dice Molden.
L'aumento della popolazione indiana e le mutate abitudini alimentari hanno contribuito ad esacerbare il problema della scarsità dell' acqua. Le città in rapida espansione consumano sempre più acqua dei villaggi circostanti e vi è una sempre più crescente domanda d' acqua della classe media per colture ad alto uso idrico come zucchero e carne.
Colture avide d'acqua come la canna da zucchero sono l'ultima cosa che i contadini vorrebbero veder crescere in queste aree scarse di risorse idriche”, dice Palakudiyil.

Cambiamenti climatici
Oltre ai problemi già esistenti di sovra-estrazione delle falde acquifere, alla cattiva gestione e alla domanda crescente vi è anche il rischio imminente dei cambiamenti climatici. L'impatto iniziale coinvolgerà, in un primo momento, le acque di superficie, ma, le falde sotterranee ne risentiranno in seguito.
I drammatici effetti in India e nel sud est asiatico cominceranno con lo scioglimento dei ghiacciai dell' Himalaya. Ciò creerà enormi cambiamenti nell'approvvigionamento idrico, alcuni decenni di zone colpite da inondazioni e altre vittime della siccità assoluta”, afferma McCully dell' International Rivers.
McCully avverte il rischio di insorgenti fenomeni di conflitti regionali e di confine a causa delle risorse idriche, se non si provvederà ad una migliore regolamentazione e gestione dell'acqua.
Molti stati in India sono già ora in disputa sui diritti di sfruttamento delle acque- andrà avanti per decenni”, aggiunge.
Piani per il potenziamento idrico, come la diga di Farrakka Dam, che deviano le acque del Gange verso Calcutta, sono fortemente ostacolati dal Bangladesh, che si trova a valle.

Relazione della Banca Mondiale

La gravità del problema è stato evidenziato dal rapporto della Banca Mondiale pubblicato la settimana scorsa. Vi si afferma che, con gli standard attuali, un terzo della popolazione mondiale avrà accesso a solo la metà dell'acqua necessaria alla sopravvivenza entro il 2030.
Il rapporto afferma che dovrebbero essere investiti 50 bilioni di dollari, ogni anno, da parte dei governi e delle imprese in progetti di gestione delle risorse idriche. La Coca-Cola, consuma ogni giorno quanto il fabbisogno mondiale di acqua per 10 giorni, conclude il rapporto della Banca Mondiale.

Problemi indiani

Tra le altre cose, una gestione delle risorse idriche in India non esiste, al momento, come sostiene McCully del International Rivers: “non vi sono strutture normative o politiche che possano imporre e far rispettare una regolamentazione delle risorse idriche”.

Amit Srivastava dell' India Resource Centre afferma che colture agricole ad alto impiego idrico, industrie minerarie e dell'acciaio continuano a spuntare come funghi, create dai soliti investitori stranieri che stanno predicando per una migliore gestione delle acque. La Banca Mondiale è parte in causa, sostiene Amit: “una giusta politica dovrebbe assicurarsi che a queste industrie, che sfruttano le nostre risorse, non sia consentito di operare in zone già problematiche dal punto di vista idrico. I bisogni dei contadini e delle comunità locali vengono in primo luogo.”

Link utili ( in inglese )
India Resource Centre
International Rivers
International Water Management Institute

Water Aid



sabato 20 febbraio 2010

Tina Modotti- creatività al servizio dei popoli


La canzone è in friulano, qualcuno ne conosce la traduzione?

giovedì 18 febbraio 2010

Verso una ecologia della mente


Edito da Astrolabio nella sua versione italiana ( non ho trovato una immagine abbastanza grande in Italia...ma così è anche più bello) è un libro che consiglio vivamente.
Bateson,... dovrebbe leggerlo  chi pensa che controllando i geni si può fare tutto; pensiero del tutto errato. Il gene da solo non basta, il fattore dell' evoluzione è frutto di una "triade di causa"
formata da tre mondi in cui noi viviamo:
1- il mondo dell'eredità genetica acquisita alla nascita:
2- Il mondo interiore, i fattori di crescita che si sono sedimentati in noi, il nostro vissuto,quello che proviamo, il pensiero;
3- Il mondo esterno, le cose, gli altri, quello che mangiamo, quello che respiriamo, le relazioni con il mondo e gli altri.
Buona lettura
P.S.
Leggere i libri fa benissimo e stanca di meno la vista....è dimostrato che esistono molteplici modalità di apprendimento, inclusa quella scritta che agisce nel cervello in maniera diversa dalla conoscenza per immagini, da quella empirica, etc...etc...
BAci           

Una canzoncella


Fonte: mastrociliegio.altervista.org

Burattini con i fili (nanotecnologie per l' uomo-macchina)

Fonte: tankerenemy

martedì 16 febbraio 2010

Neuroni per la pace: impegnatevi, o scienziati del cervello!





Titolo originale: Neurons for peace: Take the pledge, brain scientists 



I neuroscienziati possono sentirsi orgogliosi degli innumerevoli contributi che il loro lavoro può concretamente fare per migliorare la vita umana. Questi (contributi) includono un migliore trattamento delle malattie, una migliore educazione, la creazione di macchine con sempre più sofisticata capacità di elaborazione delle informazioni e nuove intuizioni circa arcaici misteri umani come la natura della mente e del sé.
Ma c'è anche un lato oscuro delle neuroscienze. Come ogni ramo della conoscenza, può essere usata a fin di bene o a scopi malvagi. Eppure i neuroscienziati sembrano spesso essere inconsapevoli dei potenziali rischi e dei pericoli di questo campo dello scibile umano.
Guerre di aggressione e metodi interrogatori coercitivi come la tortura sono due egregie maniere per minacciare e danneggiare la vita umana. Ciò non è solamente immorale, è anche espressamente vietato dalle leggi nazionali ed internazionali. Durante il processo di Norimberga, in seguito alla sconfitta della Germania nazista, la guerra di aggressione fu giudicata, non solo come un crimine internazionale, ma come il “crimine internazionale supremo”. La prevenzione delle guerre fu una delle ragioni principali che portò alla creazione delle Nazioni Unite.
La neuroscienza può essere impiegata sia nelle guerre di aggressione che nelle tecniche interrogatorie coercitive. Contributi potenziali alla guerra di aggressione includono agenti farmaceutici che migliorano l'efficacia e le prestazioni degli eserciti o che danneggiano le truppe avversarie. Inoltre, la guerra è sempre più dipendente dall'impiego di robot, come ad esempio il MQ-9 Reaper (il mietitore ...!!!), drone aereo senza pilota utilizzato in Afghanistan e altrove.
Dei robot con autonomia di movimento, percezione, decisione e capacità di uccidere autonomamente sono in procinto d' uso, come ci illustra il cronista di scienze politico-militari Peter W. Singer nel suo libro: “ Cablato per la guerra”. I contributi della neuroscienza su questo progetto riguardano il sistema motorio, la percezione sensoriale, l'apprendimento e altre caratteristiche della robotica.
Anche i potenziali contributi della neuroscienza alla tortura sono lampanti; includono la creazione di droghe che causano dolori atroci, ansia e/o fiducia incondizionata, così come la manipolazione o la disattivazione focalizzata del cervello.
Comincia a circolare, fra i neuroscienziati di tutto il mondo, un appello con lo scopo di creare una maggiore consapevolezza del potenziale lato oscuro della neuroscienza. Ciò significa impegnarsi in due cose:
primo, rendersi conto delle possibili applicazioni che possono violare i diritti umani e le leggi internazionali;
secondo, agire in accordo a tali leggi e diritti rifiutandosi di partecipare in applicazioni illegali e immorali della neuroscienza.
I firmatari di tale appello  etico si impegnano ad agire responsabilmente in obbedienza alla legge e alla morale.Una volta raccolte le firme, le organizzazioni neuroscientifiche, come la “Federazione Europea di Neuroscienza” e la “Società per la Neuroscienza”, saranno chiamate a modificare i loro statuti etici per vietare la partecipazione nelle applicazioni “oscure” della neuroscienza.
Appelli simili e petizioni sono stati sottoscritti da scienziati di altre discipline. La maggior parte dei membri della “Associazione Americana degli Psicologi”ha firmato una petizione dichiarando che “ la psicologia non può e non deve operare in settori dove le persone sono detenute, o in violazione delle leggi internazionali (e.g. La convenzione ONU contro la tortura e la convenzione di Ginevra ) o della costituzione americana". Gli organi direttivi della “Associazione Americana dei Medici” e la “Associazione Americana degli Psichiatri” condanna la partecipazione alle torture.
Molti antropologi hanno firmato un appello rilasciato dal Network degli antropologi preoccupati circa la tristemente nota “guerra al terrore” condotta dagli Stati Uniti; l'appello dichiara che “ gli antropologi devono astenersi dall'assistenza dei militari USA durante combattimenti, turture, interrogatori e consigli tattici".
A differenza di psicologi, fisici o antropologi, i neuroscienziati difficilmente forniscono assistenza diretta alle forze combattenti, alla guerra di aggressione o alle torture. Tuttavia essi forniscono gli strumenti atti a realizzare tali fini e questo atto è comunque accessorio al crimine.
Le opinioni possono variare su come una data applicazione costituisca poi la tortura e su quando una guerra possa definirsi di aggressione. Possiamo farci guidare dalle leggi internazionali, così come enunciate nella Carta delle Nazioni, la convenzione di Ginevra e la Convenzione contro le torture. La guerra di aggressione, ad esempio, è definita semplicemente come una guerra non a scopo di autodifesa e nella quale non sono stati attuati tutti i metodi per risolvere un conflitto o una controversia prima di cominciare la guerra.
Le opinioni divergono in special modo sul concetto di guerra di aggressione, ma l'appello impegna semplicemente i firmatari, una volta che si è convinti dell'aggressività della guerra, a rifiutarsi di fornire al governo strumenti addizionali per la conduzione della guerra.
Firmare tale appello non fermerà certo le guerre di aggressione o la violazione dei diritti umani. E nemmeno l'uso della neuroscienza a tali scopi. Ma, firmando, i neuroscienziati contribuiranno a rendere tali applicazioni meno accettabili.
L'appello-impegno fornisce alla neuroscienza la possibilità di allearsi con altre professionalità per un passaggio dal militarismo e dalla violenza verso una cultura di pace e di rispetto della vita umana.
I professionisti e le rispettive organizzazioni hanno una speciale responsabilità a riguardo, poiché sono membri di una rispettata elite con conoscenze e influenze.
Il nostro obbiettivo come neuroscienziati ed esseri umani deve essere la creazione di una cultura che incoraggi le applicazioni che migliorano la vita umana e dissuada dal danneggiarla.
Se sei un neuroscienziato e sei in accordo con quanto enunciato, firma l'appello!

Curtis Bell è un neuroscienziato e “ Senior Scientist Emeritus” della “ Health and Science University in Portland”. L'appello può essere sottoscritto a: tinyurl.com/neuroscientistpledge


lunedì 15 febbraio 2010

L' Ilva di Taranto produce oltre il 90% della diossina di tutta europa


Il 9 febbraio scorso, circa 300 tonnellate di acciaio liquido sono fuoriuscite da una siviera nell'impianto di colata continua numero 2 del reparto Acciarieria 2 dello stabilimento Ilva di Taranto.

L'incidente è simile a quello avvenuto il 21 gennaio 2009 che determinò la chiusura del reparto.
Fonte: peacelink

domenica 14 febbraio 2010

I segreti perduti (...?) di Nikola Tesla





sabato 13 febbraio 2010

Oli fissi o seccativi naturali- olio di lino e olio di noce

Olio di lino
Per chiarificarlo si prendono 4 parti di olio e si mettono in un fiasco dove abbiamo precedentemente versato due parti d'acqua calda e 1,5 parti di carbone in polvere. Mescoliamo accuratamente la miscela più volte, dopo 24/48 ore decantiamo l'olio che galleggia sulla composto e filtriamo con carta filtro.
L'olio di lino si può schiarire anche con la calce viva: mettete in un fiasco 1 litro d'olio con 1/4 di calce viva, mescolando intensamente varie volte; l'olio così trattato si schiarisce in pochi giorni e non si addensa.
Modi di rendere seccativo l'olio di lino:
A- in un vaso contenente dell'olio si aggiunge 1/8 di litargirio in polvere finissima ponendolo su di un fuoco moderato e mescolando spesso con una spatola. Nel momento in cui l'ebollizione sviluppa molta schiuma, togliete il contenitore dal fuoco. Quando la schiuma sarà scomparsa lasciate riposare l'olio. Se l'olio è sufficientemente seccativo la parte di litargirio non combinata creerà, dopo alcune ore, una pellicola sulla superficie dell'olio.
B- Per ottenere un olio di lino seccativo e quasi incolore, mescolatelo con il litargirio mediante triturazione prolungata. Otterrete una crema giallastra che si schiarisce in poco tempo. Filtratela con carta sugante.
C- mettete, in una bottiglia piena d'olio, un sacchetto di tela contenente borato di manganese ( il 3% della quantità d'olio usato), mettetela in un luogo caldo; in circa 16 giorni otterrete un olio molto seccativo.

Olio di noce
L'olio di noce si ottiene sia per compressione a freddo, olio quasi incolore, leggermente giallo.verde di odore gradevole, sia per compressione a caldo, olio molto colorato e di odore sgradevole.
Si può schiarire in diversi modi:
A-Si filtra l'olio in un imbuto con carta sugante e lo si pone in una bottiglia di vetro bianco per farlo schiarire alla luce.
B- Mettete in una bottiglia una certa quantità d'olio, un terzo di acqua e un terzo di sabbia ben lavata. La bottiglia, chiusa ed esposta alla luce solare deve essere agitata una volta al giorno sino al completo schiarimento dell'olio. Successivamente si decanta.
C- Mettete in una bottiglia 340 grammi di olio e 56 grammi di magnesia caustica o calcinata, agitando di tanto in tanto; schiarito l'olio lo si filtra con carta filtro.
D- Un altro modo per schiarire qualsiasi olio:
mettete in un fiasco 340 grammi d'olio e 85 grammi di spirito di vino ( 25°), lasciate il fiasco al sole per un mese agitandolo una volta al giorno.
Come rendere seccativo l'olio di noce:
A- Sciogliete 25 grammi di copparosa secca o calcinata in un chilo d'acqua, aggiungete 670 grammi di olio di noce e mettete sul fuoco. Quando l'acqua è evaporata per metà o due terzi, mettete la miscela rimasta in un contenitore smaltato o di vetro e lasciate riposare per alcune settimane.
B- Mettete dell'olio purificato in un fiasco di vetro a collo lungo, sospendete nel collo del fiasco, in modo che sia immerso nell'olio, un sacchetto di tela contenente 1/4, 1/5 o 1/6 ( a seconda del potere seccativo desiderato ) di biacca. Fate cuocere l'olio a bagnomaria per 16 ore: dopo 12 ore aprite il sacchetto, mescolando il tutto; lasciate riposare il composto ottenuto per 1/2 settimane alla luce solare.

N.B. L'olio di lino è più seccativo dell'olio di noce.

venerdì 12 febbraio 2010

Le vernici a olio essenziale naturale

Vernice di mastice
Dopo aver eliminato dal "mastice in lacrime" le parti estranee, lavatelo con spirito di vino a 25° e mettetelo su di un piatto di ceramica smaltata ad asciugare all'aria aperta. Una volta seccato, prendete 170 grammi di mastice e ponetelo in un matraccio che già contenga 510 grammi di essenza di trementina rettificata. La resina si fa sciogliere a bagno di sabbia ( tecnica del tutto simile alla "bagnomaria"; qui la sabbia sostituisce l'acqua ), poi si toglie il matraccio dalla sorgente di calore e si lascia raffreddare la vernice così ottenuta. Successivamente la si filtra con carta bianca sugante e si conserva in contenitori di vetro ermeticamente chiusi.

Vernice di coppale

Modo facile.
Sciogliete a secco la coppale polverizzata, quando è fluida si aggiunge essenza di trementina rettificata-bollente- per tre volte il suo peso. Questa vernice ha un elevato potere colorante che può essere smorzato immergendo nella stessa del vetro pestato; quando si è schiarita la si filtra con cotone o carta sugante.

Vernice d'ambra
Si prendono 28 grammi di ambra gialla e si mettono in un matraccio per fonderli a secco a fuoco vivo; una volta che l'ambra è fluida versatele sopra 112 grammi di essenza di trementina ( che avete preventivamente scaldato ) e tenetela sul fuoco sino a che riprenda il bollore. Fate raffreddare e poi filtrate con cotone.

Vernice per stemperare i colori
A
Mastice in lacrime............................parti 1,5
Trementina.......................................parti 3
Essenza di trementina.....................parti 10
I colori devono essere macinati a olio o all'essenza di trementina!

B
Ragia in lacrime fresca....................parti 1
Essenza di trementina....................parti 1,5/2,25
Fondete la ragia in un contenitore di rame o di ferro, quando la resina, scaldandosi, diventa trasparente, ( per verificare ciò: mettete qualche goccia di sostanza su di un vetro trasparente )
si aggiunge l'essenza di trementina e si controlla la trasparenza del composto col suddetto metodo. Una volta schiarita la si filtra con uno straccio e, quando si è raffreddata si conserva in un vaso chiuso.

Vernice per macinare i colori
Ragia scelta in lacrime...........................parti 2
Mastice in lacrime..................................parti 1
Trementina di Venezia..........................parti 3
Vetro pestato..........................................parti 2
Essenza di trementina...........................parti 16
Solvere la sostanza a fuoco diretto; quando la vernice è fatta aggiungere 1 parte di olio di noce o di lino

mercoledì 10 febbraio 2010

Alcuni oli essenziali (volatili) naturali

Gli oli essenziali sono prodotti vegetali, raramente animali o minerali, liquidi o solidi. Sono quasi insolubili in acqua e vanno disciolti in alcol o etere; sono infiammabili e non vanno adoperati in presenza di fiamme o scintille, i contenitori che li ospitano vanno aperti con cautela.
- E' buona norma acquisire l'abitudine ad assumere la giusta postura durante il lavoro, anche durante l'apertura di un barattolo: non bisogna mai avvicinare il volto agli oggetti manipolati e si deve mantenere una postura corretta e bilanciata del corpo sempre. Mai " affacciarsi" con il corpo su quello che state facendo-

Essenza, olio di trementina
Si ricava dalla ripetuta distillazione delle resine di alcune conifere (pino, abete e larice); si mescola con gli oli grassi ed è il miglior solvente per le resine. La migliore si ricava dall'abete.

Olio di spigo o di lavanda
Si ottiene dalla distillazione dei fiori di spigo/lavanda in acqua, raccogliendo l'olio galleggiante sull'acqua distillata. Quello in commercio è falsificato dall'aggiunta di acquaragia.

Olio di rosmarino
Si ottiene distillando i fiori di rosmarino in essenza di trementina.

Come si filtrano gli oli e le essenze
Tutti gli oli contengono impurità da cui bisogna liberarli. Un metodo naturale è quello della filtrazione per carbone animale ( nero d'osso):
si prende un imbuto di vetro e si inserisce nel fondo un tampone di tela a trama grossa;
su questo tampone si mette circa un centimetro di sabbia grossa ( il tampone non deve lascire filtrare la sabbia!);
sulla sabbia si mette uno strato omogeneo di carbone animale di circa 2 o 3 centimetri e lo si copre con un disco di carta assorbente;
sulla carta assorbente si stende un centrimetro di sabbia grossa.
Se abbiamo costruito un buon filtro si otterranno liquidi perfettamente puri senza corpi estranei.

lunedì 8 febbraio 2010

God bless italy for Franca Rame!!!

venerdì 5 febbraio 2010

Ecco che fine fanno i soldi della cooperazione internazionale


E' crollato dopo due settimane esatte dall'inaugurazione del 13 gennaio scorso, avvenuta alla presenza del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, che suggellava con la sua presenza l'ingente impegno italiano in questo mega progetto. Si tratta del Gilgel Gibe II, il tunnel di 26 chilometri costruito per generare energia sfruttando la differenza di altitudine fra il bacino della Gilgel Gibe I e il fiume Gibe. Siamo nel cuore dell'Etiopia, nella valle del fiume Omo, un paradiso che sta per sparire, ingoiato dalla rapacità di governi e grandi interessi, che nelle acque cristalline dell'importante fiume ci vedono solo energia e tanti soldi. Dietro a questo misero flop, infatti, c'è un intreccio di interessi e business a nove cifre, che occorre analizzare passo passo, per arrivarne a capo.
Il bacino dell'Omo e i suoi affluenti, da 15 anni, sono oggetto di una morbosa attenzione non solo delle istituzioni etiopi, ma anche italiane e quindi europee, con i fondi delle quali sono già nati non solo l'impianto idroelettrico dai piedi d'argilla, ma anche una diga a cui il tunnel si collegava. E in ponte ce n'è una terza, ossia il più grande progetto idroelettrico mai realizzato nel paese africano, che è già in via di costruzione.
A aprire i battenti del business energetico nel paese africano è stata, dunque, la costruzione della Gilgel Gibe I, la diga medio-grande che prende il nome dal fiume che confluendo nel Gibe dà vita con il Gojeb all'Omo, il quale per seicento chilometri irriga una regione dalla biodiversità eccezionale (l'Unesco ha dichiarato la bassa valle dell'Omo Patrimonio dell'Umanità). A ruota è stato quindi messo su il Gilgel Gibe II e infine sta svilppandosi la Gilgel Gibe III, mega diga in via di costruzione dal 2006, che prevede un salto di 240 metri per una potenza di 1870 Mw. Costo: 1,4 miliardi di euro.

E, se per la prima costruzione, a farne le spese sono state diecimila persone, sfollate a forza da quello che adesso è il bacino idroelettrico della Gilgel Gibe I, per il progetto da mille e una notte a rimetterci saranno in duecentomila. Con conseguenze facilmente prevedibili, viste le condizioni di vita che già stanno sopportando i primi sfollati. A raccontarcele sono i responsabili della Campagna per la riforma della Banca Mondiale, costola di Mani Tese, che da tempo seguono la vicenda, con escursioni sul luogo e rigorosi studi di impatto ambientale. Perché la Crbm è coinvolta? Perché ognuno di questi progetti ha visto il coinvolgimento diretto o indiretto della Banca Mondiale, della Banca europea per gli investimenti e dei finanziamenti della cooperazione internazionale. Anche italiana.

"Le comunità coinvolte hanno subito un graduale impoverimento - raccontano - Le famiglie sono state insediate in una zona semi-paludosa poco fertile e con appezzamenti di terra inferiori a quelli che prima possedevano. L'aumento della densità di popolazione ha creato un conflitto con le comunità residenti per la gestione dei pascoli, dato che per la loro scarsità, numerose famiglie hanno perso fino all'80 percento del bestiame. Il tutto nella totale mancanza di servizi di base. Nonostante le abitazioni siano sovrastate dai cavi dell'alta tensione, non hanno luce né acqua corrente. Gli accordi parlavano di nuove scuole, che invece non ci sono. Si sono limitati a ristrutturare le vecchie, che ora devono gestire fino a 1.100 studenti. E molti vivono a due ore di cammino. Inoltre il bacino ha inondato la strada asfaltata che collegava la città di Jimma alla capitale, isolando i villaggi e costringendo i mezzi di trasporto ad aggirare il bacino su un percorso sterrato di quasi 40 Km".
Incombenti le malattie. "La creazione del bacino ha incrementato l'incidenza della malaria e di altre malattie trasmissibili, come l'Hiv. La presenza di migliaia di lavoratori provenienti da tutto il Paese ha aumentato la prostituzione e, dato che la popolazione non è stata sottoposta ai controlli sanitari periodici previsti nelle misure di mitigazione, il virus si è diffuso a dismisura".
Ingenti i danni ambientali. "La diga non rilascia il flusso minimo previsto per garantire la sopravvivenza dell'ecosistema. Si passa dall'assenza di ogni rilascio durante la stagione secca, al riempimento fino al limite eseguito durante la stagione delle piogge per sfruttarne al massimo la potenza, per poi procedere con rilasci di emergenza a protezione dell'infrastruttura. Si tratta di una gestione irresponsabile che provoca scompensi, molto pericolosi. Nell'estate del 2006, nei distretti di Dashenech e Nyangatom, lungo il fiume Omo, un'alluvione ha provocato la morte di 364 persone, la distruzione di 15 villaggi e 15.000 profughi".
A rendere tutto ancora più grave c'è la discutibilità dei metodi usati per ottenere i permessi necessari, che in alcuni casi non sono nemmeno arrivati in tempo. Come il permesso ambientale per la Gilgel Gibe III, emesso nel 2008, nonostante i lavori fossero già in stato di avanzamento. Ad opera di chi? Della italianissima Salini Costruttori Spa, l'unica e la sola che da sempre lavora ai progetti nella Valle, grazie a gare d'appalto mai avvenute. Ma il Bel Paese è implicato nel business idroelettrico etiope anche per i 220 milioni di euro che il Comitato direzionale della Direzione generale cooperazione allo sviluppo (Dgcs) del ministero degli Affari Esteri (Mae) ha versato per la realizzazione dell'impianto appena franato Gilgel Gibe II, unito a 505 mila euro donati per l'invio di un esperto italiano che monitorasse il progetto. "Che di per sé - precisa Caterina Amicucci, della Crbm - sarebbe pure un progetto valido, se non fosse per le dubbie commistioni che ci stanno dietro e per l'assenza di studi adeguati che hanno comportato un ritardo di due anni nella consegna, un rilevante aumento dei costi" e un risultato a dir poco scadente visto il crollo.
Si è trattato infatti del più grande credito d'aiuto mai erogato nella storia del fondo rotativo, ed è stato deciso basandosi su valutazioni fortemente negative dei ministeri e degli organi competenti, fra cui il Nucleo tecnico di valutazione della Dgcs. Che viene quasi del tutto sbaragliato subito dopo l'approvazione del credito. La quale avviene, comunque, a contratto già firmato tra la Salini e il governo etiope, "contravvenendo a tutti gli standard nazionali e internazionali sulla trasparenza e la concorrenza". Era l'ottobre 2004. E il governo italiano stava giusto discutendo la cancellazione dei 332,35 milioni di euro di debito dell'Etiopia, che venne poi ratificata nel gennaio 2005. Ossia, tre mesi dopo averla reindebitata di una cifra di poco inferiore: quei 220 milioni stanziati per Gilgel Gibe II.
Anche per la numero III, l'Etiopia si è rivolta all'Italia. Era il luglio 2007. Richiesta: 250milioni di euro. Per ora nessuna risposta. "La richiesta ufficiale delle autorità etiopi - precisa Amicucci - è accompagnata da una costante e capillare azione di lobby della Salini sui funzionari e i diplomatici del ministero. Dopo il cambio di governo a metà 2008 si resta in attesa degli eventi". E non dimentichiamo che dal marzo 2006 al gennaio 2007 questo prestito è stato indagato anche dalla magistratura, che poi ha archiviato il caso.

A finanziare la Gilgel Gibe II è accorsa anche la Banca europea per gli Investimenti, che ha sborsato 50 milioni di euro. Eppure, ben sapeva che non era avvenuta una gara d'appalto per l'intero lavoro. La Salini ha infatti preso il lavoro senza gare, e poi ha fatto dei bandi per i lavori scaturiti dall'indotto. Ed è qui che è intervenuta la Bei, finanziando quindi una componente del progetto che è andata in gara e aggirando, comunque, le direttive europee sul procurement. Si è dunque disinteressata "degli standard internazionali su trasparenza e concorrenza", che invece hanno convinto la Banca mondiale a non entrare nell'operazione.
E ora, stesso copione e medesimi attori per la Gilgel Gibe III?
Fonte: Peacereporter
Stella Spinelli