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sabato 30 luglio 2011

Bologna, 'micidiali '90: La Fabbrika contro la mafia rossa

Un anno fa, Christina ed Hendrix aprivano alla collettività una vecchia fabbrica abbandonata nel cuore della Bolognina situata ad alcune centinaia di metri dalla stazione centrale. L'occupazione di questa area enorme (33.000 metri quadri), al di là delle cifre della planimetria, rappresenta l'inizio di una serie di dinamiche il cui sviluppo è destinato ad incidere sugli equilibri sociali e politici in città. In contrasto con gli interessi e le aspirazioni delle varie componenti degli occupanti e del Centro Sociale Autogestito recentemente costituitosi all' interno dell'occupazione, sono presenti una controparte amministrativa rappresentata dal comune e la proprietà, che comprende alcune grosse cooperative di costruzione in attesa dell'attuazione di un nuovo PRG che consentirà un'eventuale espansione del Fiera District.
In Fabbrika sono confluiti nel corso del tempo dei soggetti tra i più disparati, ognuno con la sua storia e le sue specificità. L'occupazione ha vissuto di conseguenza dei momenti di crisi e di confronto spesso assai aspri che hanno comunque riaperto una esigenza di dibattito, tra gruppi e singoli, per la ridefinizione degli ambiti di sperimentazione politica e culturale in città.
Quest' inverno è stato duro resistere al freddo e alle difficoltà che sono tuttora tante e non completamente ovviate.

Negli ultimi mesi, a seguito dell'acuirsi del flusso immigratorio il Comune di Bologna si lancia alla ricerca di alloggi di fortuna per gli immigrati extracomunitari ricavando dei posti letto prinipalmente da vecchie scuole abbandonate. Nel corso del tempo si instaura una trattativa con una componente degli occupanti della Fabbrika a partire da una proposta del comune di alloggiare provvisoriamente 32 lavoratori extracomunitari nei locali della Fabbrika. Dopo un primo rifiuto dettato da motivi di ordine igienico alcune persone dichiarano la loro disponibilità ad ospitare degli extracomunitari con la condizione di una ristrutturazione dei servizi che viene iniziata e poi sospesa da una squadra di operai in qualche modo organizzati dal comune.
Il lavoro realizzato consiste nella costruzione di due muretti che delimitano i cosidetti "loculi" (2 metri per 3, forse meno) dove vengono sistemati alla meno peggio 32 extracomunitari. Sul muro, racconta un occupante, il comune ha, per la gran fretta, "dimenticato" di stendere l'intonaco.
L' operazione, comunque, suscita immediatamente reazioni vivaci e indignate da parte di molti occupanti e dei compagni del Centro Sociale Autogestito "La Fabbrika". Per tutti è evidente come il comune si comporti da Ponzio Pilato evitando di affrontare il problema degli alloggi che a causa delle pratiche speculative delle immobiliari e dell'inerzia nella gestione del patrimonio pubblico, sta diventando sempre più drammatica sia per gli immigrati che per gli italiani.
L' assemblea ha quindi indicato la via della requisizione delle case sfitte da parte del comune e comunque la pratica dell'occupazione come mezzo di lotta per la risoluzione dell'emergenza abitativa.

Un giornalista di Repubblica all'indomani della conferenza stampa tenutasi alla Fabbrika annunciava che l'assessore Bartolini si sarebbe ripresa i suoi 32 uomini. Nel frattempo gli immigrati non tutelati dai muretti della vergogna sono aumentati e ora accanto ai "garantiti" dell' assessorato agli affari sociali vivono, in condizioni ancora peggiori, un' altra cinquantina di persone. Il tentativo del comune di dividere gli occupanti tra bianchi e neri, e tra garantiti e non garantiti fallisce.
Una assembea generale della Fabbrika si trasferisce in massa alla conferenza sull'immigrazione tenuta dall'Ass. L'altra Italia-Avvenimenti al palazzo dei Notai e qui viene denunciata l'incoerenza e l' irresponsabilità del comune nei confronti degli immigrati e del problema casa.
Gli uomini e le donne degli assessorati, dopo un ultimo sopralluogo volto a censire i "loro" immigrati, annunciano laconicamente la fine degli interventi del comune data la totale carenza di fondi ( hanno finito le presunte 400.000 lire del muretto). Anche a Bologna siamo dunque arrivati alla fine del Welfare. La cosa non ci sorprende nè ci turba più di tanto. Delle elemosine possiamo anche farne a meno.

Le varie assemblee del C.S. Fabbrika hanno comunque rimescolato le carte in tutti i sensi. Il comune è da considerarsi una controparte. Cresce l'esigenza di un maggiore coordinamento all'interno delle varie situazioni presenti in Fabbrika per garantire una migliore qualità della vita ed un intervento che affronti il complesso delle attività che si svolgono dentro l'occupazione. Si sta preparando un video sulla condizione degli immigrati a Bologna con scene abbastanza esplicative sulla situazione in Fabbrika e in altri punti caldi della città, con riprese tipo close-up delle lacrime di coccodrillo di Bobo Varani e della sua collega del comune (assessorato alle politiche sociali) che cerca di impiccarsi con la sua collana di similperle.
Operatori giuridici e medici si sono proposti di istituire un centro di assistenza medico legale e si invita la gente a partecipare alle assemblee ed a portare un proprio contributo aspettando un'altra invasione di extracomunitari in occasione della ricorrenza della rivoluzione francese: decine e decine di ballerini e ballerine dall' Africa e dall' Asia diretti da Eugenio Barba dell' Odin Teatret di Holsrbro
( Danimarca) invaderanno la Fabbrika.
Un altro gruppo di stranieri lontani.
Lontani da dove?


Il 28 dicembre 1990 venne attuata la decisione presa dall'amministrazione con il piano antioccupazioni: all'alba decine di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa coadiuvati da operai di un'impresa edile emiliana col volto travisato entrarono nell'ex area industriale; in poche ore tutti i capannoni del complesso vennero demoliti.