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lunedì 17 settembre 2012

Algoritmi di guerra

di Isaac Asimov

Lamar Swift, Direttore Esecutivo della Federazione Solare, si tolse il berretto militare che aveva in testa e guardò il lungo e deserto corridoio centrale dell'enorme calcolatore. Si sedette piuttosto stancamente, e la sua uniforme, in cui non si era mai sentito a suo agio, prese un aspetto cadente e spiegazzato.
Disse: - Ne sentirò la mancanza, anche se è stato un incubo. Dieci anni. Dieci anni di guerra contro Deneb. Ora mi sembra addirittura incredibile essere in pace, e poter guardare le stelle senza tremare.
I due uomini che si trovavano con Swift erano entrambi più giovani di lui. Nessuno dei due aveva i capelli così grigi, nessuno dei due aveva l'aria così stanca.
John Henderson, parlando con le labbra strette, e con una voce che tradiva un senso di sollievo, più che di trionfo, disse: - Li abbiamo distrutti! Li abbiamo distrutti! E' questo che continuo a ripetermi, e ancora non riesco a crederci. Abbiamo tanto parlato, per tanti anni,della minaccia sospesa sulla terra e su tutti i suoi mondi, su ogni essere umano: tutti questi anni sul filo del rasoio, col cuore in gola. E ora siamo noi che siamo vivi e sono i Denebiani che sono stati distrutti e annientati. Non saranno più una minaccia per nessuno, mai più.
-Grazie a Multivac- disse Swift, gettando una tranquilla occhiata all'imperturbabile Jablonsky, che per tutta la guerra era stato capo interprete dell'oracolo scientifico.
Henderson guardò i suoi due compagni con la coda dell'occhio. Nel breve intervallo di quiete che i tre uomini avevano istintivamente cercato lì, nell'angolo più appartato della metropoli impazzita di gioia, in quella parentesi di riposo fra i passati pericoli della guerra e le imminenti difficoltà della pace, lui provava soltanto un senso schiacciante di colpa.
E d'un tratto quel peso gli parve troppo grande per continuare a portarlo da solo. Doveva liberarsene, gettarlo via insieme alla guerra: ora, subito! Senza guardare gli altri, disse in tono neutro: -Multivac non ha avuto nessun merito nella vittoria. E' solo una macchina.
-Piuttosto grossa- disse Swift.
- E allora è solo una grossa macchina, che vale quanto i dati che le vengono forniti. - Per un momento s'interruppe, spaventato da ciò che stava dicendo.
Jablonsky lo guardò. - Se lo dici tu. Eri tu a immettere i dati. O lo dici perché vuoi per te tutto il merito?
-No- disse rabbiosamente Henderson. - Non c'è nessun merito. Che ne sapete voi dei dati che Multivac doveva usare, pre-elaborati da centinaia di calcolatrici sussidiarie qui sulla Terra, sulla Luna, su Marte, perfino su Titano? Con Titano sempre in ritardo, e sempre col terrore che le sue cifre avrebbero introdotto all'ultimo momento un fattore che buttava tutto all'aria. Vi rendete conto che per tutta la seconda metà della guerra i dati riguardanti la nostra capacità di produzione, il nostro potenziale di materie prime e uomini, hanno mancato di qualsiasi attendibilità? A tutti i livelli, i capi sia civili sia militari erano esclusivamente intenti a proiettare un'immagine dorata di sè e del proprio lavoro, per così dire, e quindi volevano pietosamente il brutto e gonfiavano il bello. Qualsiasi cosa sapessero fare le macchine, gli uomini che le programmavano e ne interpretavano i risultati avevano da pensare in primo luogo alla propria carriera, e in secondo luogo a ostacolare quella dei rivali. Non c'è stato modo di mettere fine a questo stato di cose. Io al principio mi ci provai, ma tutto fu inutile.
- E allora che cosa hai fatto?- disse Jablonsky.
-Visto che la guerra è vinta, ve lo dirò, che cosa ho fatto. Ho corretto i dati.
-Come?- chiese Swift.
-Con l'intuizione, immagino. Li manipolavo finchè non mi parevano giusti. In principio, non ne avevo quasi il coraggio. Facevo qualche piccola modifica qua e là, per correggere delle evidenti impossibilità. Poi, quando ho visto che il cielo non ci cascava addosso, mi sono fatto via via più baldanzoso. Verso la fine, i dati più importanti li fornivo direttamente io.
Jablonsky sorrise inaspettatamente. i suoi occhi scintillavano dietro le fitte rughe delle palpebre. -Diverse volte ho ricevuto rapporti in cui si denunciava l'uso abusivo del Segretario, e ogni volta ho lasciato perdere. Se avesse avuto importanza, avrei fatto delle indagini e avrei finito per scoprirti John, e per scoprire quello che stavi facendo. Ma ormai tutto quello che riguardava Multivac non aveva più importanza, e così te la sei cavata.
-Cosa vorrebbe dire che non aveva più importanza?_ chiese Henderson. -Io avevo le mie ragioni, per cambiare i dati! Ma tu...
 -Io avevo le mie. Adesso capisco che, se te l'avessi detto, ti avrei evitato anni di angoscia, ma d'altra parte se tu mi avessi detto quello che stavi facendo, li avresti evitati a me. Cosa ti faceva credere che Multivac funzionasse, a parte ciò che sapevi dei dati che gli fornivi?
-Non funzionava?- disse Swift.
-Non come avrebbe dovuto. In modo tutt'altro che attendibile. Pensateci un momento: dove erano i miei tecnici negli ultimi anni di guerra? ve lo dico io: erano in giro per lo spazio, su migliaia di astronavi e satelliti, a badare ai calcolatori di migliaia di astronavi e satelliti. Se n'erano andati tutti! Io dovevo arrangiarmi con dei ragazzini senza esperienza, o dei pensionati fermi ai sistemi di quarant'anni prima. non faceva nessuna differenza, per me, che i dati forniti a Multivac per l'elaborazione fossero attendibili o no. Erano i risultati che non erano attendibili! E io questo lo sapevo anche troppo bene.
-E che cosa hai fatto?- chiese Henderson.
-Ho fatto quello che hai fatto tu, John. Ho barato. Ho lavorato d'intuito, ho fatto dei ritocchi a naso; ed è così che la macchina ha vinto la guerra.
Swift si appoggiò allo schienale del suo sgabello e allungò le gambe davanti a sè. -Bel doppio colpo di scena! Dunque, il materiale che Multivac mi forniva perchè io prendessi le mie decisioni era la semplice elaborazione umana di dati altrettanto umani. Ne deduco che ho avuto ragione a non farci troppo affidamento.
-Ah, così?- Jablonsky, nonostante quello che aveva appena finito di dire, riuscì a prendere un'aria di uno che viene personalmente insultato.
-Ho paura di si: Multivac aveva l'aria di dire: Bisogna colpire qui, non là; fare questo, non quello; aspettare, non agire. Ma io non potevo essere sicuro che quello che Multivac diceva veramente dovesse essere preso alla lettera. Non potevo mai essere sicuro.
-Ma il rapporto finale era sempre chiarissimo, no?- disse Jablonsky.
-Chiarissimo per quelli che non dovevano prendere le decisioni, forse. Ma non per me. Il peso della responsabilità di quelle decisioni era tremendo, insopportabile e neppure Multivac poteva alleviarlo... Ma sono lieto di sapere che i miei dubbi erano giustificati. Questo mi dà un enorme senso di sollievo.
-Ma che cosa hai fatto, Lamar?- chiese Jablonsky. -Per anni hai continuato a prenderle, quelle decisioni. Come hai fatto?
-Bè, s' è fatto tardi, di sopra ci aspettano...ma ve lo dirò in due parole. Perchè no? Ho continuato a fondarmi su una calcolatrice: ma su una calcolatrice di modello più antico, molto più antico, di Multivac.
Si frugò in tasca e ne trasse una manciata di spiccioli, vecchie monete che risalivano ai primi anni di guerra. Lasciò ricadere la manciata di spiccioli in tasca. Ma continuò a girare tra le dita un'ultima monetina, guardandola distrattamente.
-Multivac non è il primo calcolatore, amici, nè il più noto, nè il più idoneo a sollevare i capi dal peso delle decisioni. Si, John, è stata una macchina a vincere la guerra; o chiamiamola piuttosto uno strumento di calcolo molto semplice, uno strumento al quale ho fatto ricorso ogni volta che ho dovuto prendere una decisione particolarmente difficile.
Con un leggero sorriso gettò in aria la moneta. Il disco metallico scintillò mentre roteava e ricadeva nel palmo della mano tesa di Swift. La mano si strinse, poi si posò con un colpo secco sul dorso della sinistra. La destra rimase ferma, nascondendo la moneta.
-Testa o croce, signori?