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venerdì 9 luglio 2010

La (R)esistenza tradita

E' da un pò di tempo che odo un fastidioso frinire di "protostorici" e "protopinionisti" circa l'occupazione sabauda del Regno delle due Sicilie. Questo cicaleccio, volgare ed interessato, è stato, pazientemente, tessuto ad arte in questi ultimi tempi in chiave politica anti leghista perchè, dopo aver conquistato il nord, il "Carroccio" ha palesato le proprie intenzioni di discendere lo stivale. Le prime avvisaglie di questa "calata" si sono avute nelle regioni rosse dove la Lega Nord ha, progressivamente, eroso consensi in ambo gli schieramenti. Ma la cosa che, maggiormente, preoccupa gli stati maggiori del PD e del PDL è il progressivo radicamento che il movimento di Bossi sta, capillarmente, portando avanti sul territorio. Gianfranco Fini ha cercato di giocare d'anticipo - senza molto successo, almeno finora ! - per costituire, in tempo utile, una sorta di partito del Sud all'interno dello schieramento, più ampio, del "popolo delle libertà" come una sorta di contraltare, politico, al peso specifico assunto nella coalizione dal "senatur" ed è in questa chiave di lettura - e non in altre - che vanno letti i suoi reiterati tentativi di "smarcarsi" dall'egemonia del cavaliere all'interno del PDL adducendo, strumentalmente, il ruolo istituzionale che la presidenza della Camera gli assegna. Ma, singolarmente, questo scenario politico sta facendo sorgere degli interessi convergenti sia nell'ambito del popolo delle libertà che all'interno degli schieramenti di opposizione per cui assistiamo a delle "sacre alleanze" stipulate, sottobanco, tra alcuni esponenti territoriali del centro destra e del centro sinistra. E poichè, politicamente, gli argomenti da opporre alla Lega Nord sembrano essere divenute armi alquanto spuntate si sta cominciando, strumentalmente, a sussurrare qualche sporadico accenno al nostro risorgimento ed all'unità d'Italia letti non più come guerra di liberazione dei popoli ma come invasione ed occupazione militare di un paese e di un popolo con lo scopo, malcelato, di suscitare una qual sorta di revanscismo da controllare e da usare contro le mire espansionistiche del "Carroccio" inducendo, nelle genti meridionali, una associazione "sillogica", storica e geografica, fra lo stato sabaudo ed il movimento di Bossi. Dopo lustri di censure attuate mediante il boicottaggio della distribuzione cominciano, miracolosamente, a ricomparire sugli scaffali delle librerie, come dal nulla, alcuni testi poco ortodossi di storiografi coevi e posteriori di quegli avvenimenti che, però, non vengono definiti, guarda caso, con il termine "dispregiativo" di revisionisti come, d'altronde, sarebbe corretto fare, altrimenti si correrebbe il rischio di creare un'altra associazione "sillogica" - politicamente poco conveniente e per nulla spendibile - tra questi e gli storici che negano l'olocausto. Ed a questo scempio, che vede coinvolti compiacenti "baldracche", prendono, allegramente direi, parte persone di entrambi gli schieramenti. Non riesco a trovare, nel mio limitatissimo dizionario, un epiteto che possa definirli in maniera consona tale da rendere edotto chi legge del mio disprezzo. Avevo pensato, in un primo tempo, alla parola "sciacallo". Ma, poi, mi sono ricordato che gli sciacalli spolpano la carcassa di un animale qualche ora dopo la sua dipartita e non sono soliti riesumare cadaveri mummificati. A questi "necrofili" che, soltanto ora, sembrano essersi avveduti della presenza di documenti ufficiali preservati negli archivi di Stato che denunciano una storia molto diversa da quella propugnataci, per decenni, sui banchi di scuola e che vogliono, con un cinismo da voltastomaco, rieseumare storie e dolori delle genti del sud, posso solo dire che questi sono i "nostri" morti, i "MIEI" morti e che il miglior modo di preservarne la memoria è quello di lasciarli lì dove sono senza evocarne gli spettri. Questo piccolo cortometraggio, rielaborato dallo scrivente, vuole essere un piccolo, ed appassionato, ricordo del sacrificio estremo cui andarono incontro migliaia e migliaia di miei conterranei che pagarono, con la vita, il "grave torto" di essersi ribellati alla povertà, alla emarginazione ed allo sfruttamento.