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giovedì 9 febbraio 2012

Il marchio della bestia: omaggio a Primo Levi

Enrico fu introdotto in un ufficio freddo e pretenzioso; alle pareti erano appese pitture informali e fotografie che rappresentavano volti umani, ma non ebbe tempo di osservarle da vicino, perchè un funzionario lo invitò a sedere presso la scrivania. era un giovanotto dai capelli tagliati a spazzola, abbronzato, alto e atletico; aveva all'occhiello una targhetta con su inciso "Carlo Rovati", e portava scritto sulla fronte, in nitidi caratteri blu stampatelli: "FERIE IN SAVOIA".
- Lei ha risposto al nostro annuncio sul "Corriere", -lo informò gioviale. - Penso che non ci conosca, ma ci conoscerà presto, sia che troviamo un accordo, sia che non lo troviamo. Noi siamo gente aggressiva, che va subito al sodo e non fa complimenti. Nel nostro annuncio si parlava di un lavoro facile e ben retribuito; qui le posso aggiungere che si tratta di un lavoro talmente facile che non lo si può neppure chiamare lavoro: è piuttosto una prestazione, una concessione. Quanto al compenso giudicherà lei stesso.
Il Rovati si interruppe un momento, osservò Enrico con aria professionale, chiudendo un occhio e inclinando il capo prima a sinistra e poi a destra, e infine aggiunse:
- Lei andrebbe proprio bene. Ha un viso aperto, positivo, non brutto e insieme non troppo regolare: un viso che non si dimentica facilmente. Le potremmo offrire...- e qui aggiunse una cifra che fece sobbalzare Enrico sulla sedia. Bisogna sapere che questo Enrico doveva sposarsi, e di quattrini ne aveva guadagnati pochi, e che era uno di quei tipi che non amano fare il passo più lungo della gamba.
Intanto il Rovati continuava: - Lei lo avrà già capito: si tratta di una nuova tecnica di promozione, - (e qui accennò con disinvolta eleganza alla sua fronte). - Lei, se accetta, non sarà impegnato per nulla per quanto riguarda il suo comportamento, le sue scelte e le sue opinioni: io, per esempio, in Savoia non ci sono stato mai, né in ferie né altrimenti, e neppure penso di andarci. Se riceverà commenti, risponderà come le pare, anche smentendo il suo messaggio, o non risponderà affatto: insomma, lei ci vende o affitta la sua fronte e non la sua anima.
- La vendo o la affitto?
- La scelta sta a lei: noi le proponiamo due forme di contratto. La cifra che le ho esposto è per un impegno triennale: lei non ha che da passare al nostro centro grafico, che è qui al pian terreno, riceve la scritta, passa alla cassa, e ritira l'assegno. Oppure, se preferisce un impegno più breve, diciamo trimestrale, la procedura è la stessa, ma l'inchiostro è diverso: sparisce da sé, in tre mesi circa, senza lasciare traccia. In questa alternativa, va da sé che il compenso è di parecchio inferiore.
 - Invece, nel primo caso, l'inchiostro dura tre anni?
- No, non precisamente. I nostri chimici non sono ancora riusciti a formulare un inchiostro dermografico che duri tre anni netti, e poi scompaia senza impallidire prima. L'inchiostro triennale è indelebile: al termine del terzo anno lei ripassa qui un momento, si sottopone ad un breve intervento assolutamente indolore, e riacquista la faccia di prima; a meno che, naturalmente, il nostro committente e lei non vi troviate d'accordo nel rinnovare il contratto.
Enrico era perplesso, non tanto per sé quanto per Laura. Quattro milioni sono quattro milioni, ma Laura che cosa avrebbe detto?
- Non ha mica da decidere così, su due piedi, - intervenne il Rovati, come se gli avesse letto nel pensiero. - Lei va a casa, ci pensa, si consulta con chi vuole, poi viene e firma. ma entro una settimana, per favore: sa bene, abbiamo da studiare i nostri piani di sviluppo.
Enrico si sentì sollevato. Chiese: - Potrò scegliere la scritta?
- Entro certi limiti, si: le daremo una lista di cinque o sei alternative, e lei deciderà. Ma, in ogni caso, non si tratterà che di poche parole, eventualmente accompagnate da un marchio.
- E...vorrei sapere: sarei io il primo?
- Vorrà dire il secondo, - sorrise il Rovati, indicando nuovamente la sua fronte.
- Ma non sarà neppure il secondo. Solo in questa città abbiamo già concluso...attenda: ecco, ottantotto contratti; quindi non abbia timore, non si troverà solo, e neppure dovrà dare troppe spiegazioni. Secondo le nostre previsioni, entro un anno la pubblicità frontale diventerà un lineamento di tutti i centri urbani, forse addirittura un segno di originalità e di prestigio personale, come il distintivo di un club. Pensi che quest'estate abbiamo concluso ventidue contratti stagionali a Cortina, e quindici a Courmayeur, sulla base del solo vitto e alloggio per il mese di agosto!

Con stupore di Enrico, e con un certo suo disagio, Laura non esitò neppure un minuto. Era una ragazza pratica, e gli fece presente che con quattro milioni la faccenda dell'alloggio sarebbe stata sistemata; non soltanto, ma i milioni, invece che quattro, avrebbero potuto diventare otto, o forse anche dieci, e allora si sarebbe risolto anche il problema dei mobili, del telefono, del frigo, della lavatrice e della ottocentocinquanta. E come dieci? Ma era chiaro! Si sarebbe fatta scrivere anche lei, e una coppia giovane, graziosa, con in fronte due inviti fra loro complementari, valeva certamente di più della somma di due fronti scompagnate: quella gente lo avrebbe riconosciuto senza difficoltà.
Enrico non mostrò molto entusiasmo: primo, perchè l'idea non era venuta a lui; secondo, perchè anche se gli fosse venuta non avrebbe osato proporla a Laura; terzo, perchè insomma, tre anni sono lunghi, e gli sembrava che una Laura marcata come si fa coi vitelli, e marcata proprio su quella fronte così pulita, così pura, non sarebbe stata la stessa Laura di prima. Tuttavia si lasciò convincere, e due giorni dopo si presentarono entrambi all'agenzia e chiesero del Rovati: ci fu una contrattazione, ma neanche tanto accanita, Laura espose le sue ragioni con garbo e convinzione, al Rovati la sua fronte doveva essere piaciuta fin troppo, e in buona sostanza i milioni furono nove. Per la scritta, non ci fu molto da scegliere: l'unica ditta che intendeva reclamizzare un prodotto idoneo ad una presentazione bipartitica era una società di cosmetici. Enrico e Laura firmarono, ritirarono l'assegno, ricevettero uno scontrino e discescero nel centro grafico. Una ragazza in camice bianco pennellò loro sulla fronte un liquido dall'odore pungente, li espose per pochi minuti alla luce azzurra e abbagliante di una lampada, e stampigliò ad entrambi, verticalmente al di sopra del naso, un giglio stilizzato; poi, sulla fronte di Laura, scrisse in elegante corsivo: "Lilywhite, per lei", e sulla fronte di Enrico, "Lilybrown, per lui"-
Si sposarono dopo due mesi, che per Enrico furono piuttosto duri. In ufficio, dovetta dare un buon numero di spiegazioni, e non trovò nulla di meglio che esporre la pura verità; anzi, la verità quasi pura, perchè non fece parola di Laura, e attribuì alla propria fronte tutti i nove milioni: la cifra non la tacque, perchè temeva che gli rimproverassero di essersi venduto per poco. Alcuni lo approvarono, altri lo disapprovarono; non gli parve di riscuotere simpatia, e tantomeno gli parve che riscuotesse attenzione il profumo che la sua fronte vantava. Era combattuto da due spinte contrastanti: spiattellare a tutti l'indirizzo dell'agenzia, per non essere solo; o invece tenerlo segreto, per non deprezzarsi. Il suo imbarazzo si attenuò parecchio qualche settimana dopo, quando vide il Molinari, serio e intento come sempre dietro al suo tecnigrafo, che portava scritto in fronte: "Denti sani con Alnovol".
Laura aveva, o si faceva, meno problemi. In casa, nessuno aveva trovato nulla da ridire, anzi, sua madre si era affrettata a presentarsi all'agenzia, ma l'avevano rifiutata dicendole apertamente che la sua fronte aveva troppe rughe per essere utilizzabile. Laura aveva poche amiche, non studiava più e non lavorava ancora, così non le era difficile tenersi in disparte. Girava i negozi per via del corredo e dei mobili, e si sentiva guardata, ma nessuno le faceva domande.
Decisero di fare il viaggio di nozze in auto, con la tenda, ma evitando i camping organizzati, ed anche dopo che furono tornati si trovarono d'accordo nel presentarsi in pubblico il meno possibile. Tuttavia, entro pochi mesi il loro disagio era quasi scomparso: l'agenzia doveva aver fatto un buon lavoro, o forse altre agenzie l'avevano imitata, poichè non era ormai più raro incontrare per strada o sul filobus individui dalla fronte segnata. Per lo più erano giovani o ragazze attraenti, molti erano visibilmente degli immigrati: nella loro scala, un'altra giovane coppia, i Massafra, portavano scritto in fronte, in due versioni gemelle, l'invito a frequentare una certa scuola professionale per corrispondenza. Fecero presto amicizia, e presero l'abitudine di andare insieme al cinema, e a cena in trattoria alla domenica sera: un tavolo era riservato per loro quattro, sempre lo stesso, in fondo a destra entrando. Si accorsero in breve che anche un altro tavolo, contiguo al loro, era frequentato abitualmente da gente segnata, e venne loro naturale di attaccare discorso e di scambiarsi confidenze sui rispettivi contratti, sulle esperienze precedenti, sui rapporti col pubblico, e sui piani per l'avvenire. Anche al cinematografo, quando era possibile, prendevano posto nelle poltrone che stavano a destra entrando, perchè avevano notato che diversi altri segnati, uomini e donne, usavano sedersi di preferenza in quei posti.
Verso novembre, Enrico calcolò che un cittadino su trenta portava qualcosa scritto sulla fronte. Per lo più erano inviti pubblicitari come i loro, ma si incontravano talvolta sollecitazioni o dichiarazioni diverse. Videro in Galleria una giovane elegante che recava scritto in viso "Johnson boia"; in via Larga, un ragazzo dal naso rincagnato come i pugili che recava "Ordine=Civiltà"; fermo ad un semaforo, al volante di una Minimorris, un trentenne con le basette che recava "Scheda bianca!"; sul filobus numero 20 due graziose gemelle, appena adolescenti, che portavano scritto in fronte, rispettivamente "Viva il Milan" e "Forza Zilioli". All'uscita di un liceo, un'intera classe di ragazzi recava scritto "Sullo go home"; incontrarono una sera, in mezzo alla nebbia, un personaggio indefinibile, vestito con vistosa pacchianeria, che sembrava ubriaco o drogato, e sotto la luce di un lampione rivelò la scritta "INTERNO AFFANNO". Era poi diventato comunissimo trovare per strada bambini che portavano in fronte, scarabocchiati con una penna a sfera, viva e abbassi, ingiurie e parole sporche.
Enrico e Laura si sentivano dunque meno soli, ed anzi, incominciavano a provare fierezza, perchè si sentivano in certa misura dei pionieri e dei capostipiti: erano anche venuti a sapere che le offerte delle agenzie erano addirittura precipitate. Nell'ambiente dei vecchi segnati correva voce che, per una scritta normale, su di una sola riga e per tre anni, ormai non si offrissero più di 300.000 lire, e il doppio per un testo fino a trenta parole con un marchio di impresa. A febbraio ricevettero in omaggio il primo numero della "Gazzetta dei Frontali". Non si capiva bene chi la pubblicasse: per i tre quarti, naturalmente, era zeppa di pubblicità, ed anche il quarto residuo era sospetto. Un ristorante, un campeggio e vari negozi offrivano ai frontali modesti sconti sui prezzi, si rilevava l'esistenza di un club, in una viuzza di periferia; si invitavano i Frontali a frequentare la loro cappella, dedicata a san Sebastiano. Enrico e Laura ci andarono una domenica mattina, per curiosità: dietro l'altare era un grande crocifisso in plastica, e il Cristo portava scritto INRI sulla fronte anzichè sul cartiglio.
Press'a poco allo scadere del terzo anno di contratto, Laura si accorse di aspettare un bambino, e ne fu lieta, benchè, con i recenti aumenti del costo della vita, la loro situazione finanziaria non fosse brillante. Andarono dal Rovati a proporre un rinnovo, ma lo trovarono assai meno gioviale di un tempo: offerse loro una cifra irrisoria per un testo lungo e ambiguo. Rifiutarono, di comune accordo, e scesero al centro grafico per la cancellatura; tuttavia, a dispetto delle assicurazioni della ragazza in camice bianco, la fronte di Laura rimase ruvida e granulosa come per una scottatura, e poi, guardano bene, il giglio stilizzato si distingueva ancora, come le scritte del fascio sui muri di campagna.
Il bambino nacque a termine, regolarmente: era robusto e bello, ma, inesplicabilmente, portava scritto sulla fronte: "OMOGENEIZZATI CAVICCHIOLI". Lo portarono all'agenzia, ed il Rovati, fatte le opportune ricerche, dichiarò loro che quella ragione sociale non esisteva in alcun annuario, ed era sconosciuta alla Camera di Commercio: perciò non poteva offrire loro proprio niente, neppure a titolo d'indennizzo. Gli fece ugualmente un buono per il centro grafico, affincè la fronte del piccolo fosse cancellata gratuitamente.

Tratto da Vizio di forma(Einaudi 1971) di Primo Levi