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mercoledì 1 febbraio 2012

I mercanti padroni del Tempio

I vescovi
Già da tempo i sommi pontefici, i cardinali e i vescovi hanno preso ad imitare con impegno e forse con migliori risultati il tenore di vita dei principi. Certo, se pensassero che la veste di lino, splendente nel suo immacolato candore, simboleggia una vita senza macchia, e che la mitra con le due punte unite in un unico nodo rappresenta una conoscenza perfetta sia dell'antico che del nuovo Testamento, e che i guanti che coprono le mani significano l'obbligo di amministrare i sacramenti con purezza e senza essere contaminati dal contatto col mondo; se pensassero poi che il bastone pastorale simboleggia la cura attenta e vigile del gregge che è stato loro affidato, che la croce che li precede rappresenta la vittoria sulle passioni, se dico, uno di loro pensasse a tutte queste cose e altre dello stesso genere, non condurrebbero forse una vita triste e piena di problemi? Invece se la passano magnificamente, pensando solo a trattarsi bene, affidando la cura del gregge a Cristo stesso o ai "frati", come loro li chiamano, e ai vicari. Non si ricordano nemmeno che il nome di "vescovo" vuol dire fatica, preoccupazione, attenzione. Se però si tratta di arraffare quattrini, allora sì che fanno veramente i vescovi, e stanno in vedetta a tutt'occhi!

I cardinali
Allo stesso modo se anche i cardinali si ricordassero che sono i successori degli apostoli e che da essi si richiedono le stesse virtù praticate da quelli, e che non sono i padroni ma gli amministratori dei beni spirituali, dei quali di qui a non molto dovranno rendere esatto conto, se meditassero un po' sui sacri paramenti che indossano e si chiedessero: cosa significa il candore dell'abito se non una vita del tutto innocente? che vuol dire questa sottana di porpora se non un ardentissimo amor di Dio? che cosa questo ampio mantello a pieghe che ricopre anche tutta la cavalcatura di sua eminenza e basterebbe a coprire nello stesso tempo anche un cammello, se non una carità larghissima nel soccorrere tutti, cioè nell'istruire, esortare, consolare,riprendere, ammonire, portare la pace dove c'è la guerra, resistere ai principi malvagi, offrire volentieri non solo le ricchezze e i beni materiali ma anche il sangue per il popolo di Dio? E del resto a che servirebbero le ricchezze in mano ai successori degli apostoli, che furono poveri?
Se pensassero a queste cose non credo che ambirebbero a quella carica: la lascerebbero volentieri ad altri, oppure condurrebbero una vita in mezzo a fatiche e tribolazioni, come quella degli antichi apostoli.

I sommi pontefici
Se poi i sommi pontefici, che fanno le veci di Cristo, tentassero di imitare la sua vita, e cioè povertà, travagli, dottrina, croce, disprezzo del mondo, e se solo pensassero a quel che significa il loro nome "Papa" cioè "Padre" e che cosa "santissimo", chi potrebbe soffire più di loro sulla terra? Chi spenderebbe tutto quello che ha per comprarsi un simile posto e chi, dopo averlo comprato, cercherebbe di difenderlo a tutti i costi, con la spada, il veleno, con ogni sorta di violenza? Quanti vantaggi sottrarrebbe loro la saggezza, se soltanto una volta gli si facesse avanti! Ma che dico, saggezza? Basterebbe un granello di quel sale di cui parla Cristo! Addio ricchezze, onori, potere, vittorie, cariche, amministrazioni, tasse, indulgenze, cavalli, muli, servitori e piaceri. Guardate che mercato, che gran raccolto, che mare di beni ho abbracciato in queste poche parole! E al posto di tutte queste cose la saggezza dispenserebbe loro veglie, digiuni, lacrime, preghiere, prediche, studi, sospiri e infinite altre sofferenze di questo genere.
Non bisogna poi dimenticare che sarebbero ridotti alla fame un esercito di scrittori, copisti, notai, avvocati, promotori, segretari, mulattieri, palafrenieri, banchieri, ruffiani - stavo per dire una parola più volgare, ma temo possa offendere le orecchie - insomma tutta questa gente che costituisce un onere - ho sbagliato volevo dire onore - per la Santa Sede. Sarebbe un delitto disumano e abominevole, ma sarebbe ancora più detestabile riportare alla bisaccia e al bastone gli stessi capi supremi della Chiesa, la vera luce del mondo.
[...] ma i papi chiamano patrimonio di Pietro i campi, le città, le imposte, i dazi, le signorie. E mentre combattono col ferro e col fuoco per la conservazione di questi beni, infiammati di sacro zelo e non senza spargimento di sangue cristiano, sono sicuri di difendere apostolicamente la Chiesa,  sposa di Cristo, mettendo in fuga il nemico: come se per la chiesa ci fossero  nemici più dannosi dei pontefici indegni! Sono loro che fanno sparire Cristo nell'oblio perchè neppure lo nominano più, che facendo leggi a scopo di lucro lo mettono in catene, che con interpretazioni forzate ne falsano l'insegnamento, che con una vita indegna lo uccidono.
Inoltre, siccome la chiesa cristiana è stata fondata col sangue, rafforzata col sangue, ingrandita col sangue, essi ora, come se Cristo non ci fosse più per difenderla secondo i suoi princìpi, si fanno un dovere a difenderla con la spada, e, benchè la guerra sia una cosa così orrenda da convenire più alle bestie che agli uomini e tanto fuori di senno che anche i poeti immaginano che sia opera delle Furie, benchè sia così distruttiva da portare con sé la corruzione completa dei costumi e così ingiusta che i peggiori briganti sono i migliori condottieri, benchè infine sia così empia da non avere nulla in comune con Cristo, essi, trascurando ogni altra cosa, pensano solo a fare la guerra.
E allora puoi anche vedere dei vecchi decrepiti che mostrando la vigoria di ragazzi non si lasciano spaventare da spese e fatiche, non si fanno scrupolo di sconvolgere le leggi, la religione, la pace, l'umanità intera.
Non mancano poi colti adulatori che chiamano zelo, pietà, coraggio questa evidente pazzia, e hanno perfino escogitato il modo di dimostrare che impugnare un ferro micidiale e immergerlo nelle viscere del fratello non è contrario a quel grande amore del prossimo che, secondo gli insegnamenti di Cristo, è il primo dovere di ogni cristiano.

Elogio della follia - Erasmo da Rotterdam (1466/69? –  1536)