Le vie erano popolate di megafoni, ad ogni
crocicchio potevi
ascoltare, ininterrottamente, la propaganda ;
eppure, nonostante quel chiassoso vociare di
voci asettiche, la gente continuava a vivere.
Vietati da tempo gli assembramenti umani con un
nucleo superiore
alle tre persone, l'unico modo che restava a chi
volesse contatti
sociali era il bagno delle folle, le vie erano piene di
struscinatori, gli orgasmanti di folle, sino al
coprifuoco.
Cassandra lo sapeva bene che aveva tutto il
tempo che le
occorreva: si era vestita, rossa, come una
enorme, invitante bocca e
vagava fra gli effluvi di umori cittadini.
Sembrava, con quel suo frusciante mantello, una
manta
sanguigna. Le gambe sgusciavano dal purpureo
drappo come compassi che misurano il mondo .
Camminava rasente le botteghe dei distributori di
merce, con
l'incedere di un felino, cercava solo il suo
particolare umore. Ad un tratto la vista fu scossa
da un leggero
luccicore, aveva captato un emanatore di flussi
nel suo campo
sensoriale. Non fece assolutamente nulla, non le
sarebbe punto
piaciuto se quello lì fosse stato un emanatore
incosciente, senza
potere, quindi si limitò a lasciargli la sua scia
feromonica lungo il sistema neurale.
Due ratti da combattimento si erano azzuffati
all'angolo della
strada: i loro rispettivi padroni erano stati
sgozzati dalla
furia omicida di questi nuovi animali da guardia
allevati in
laboratori e fognature, cattivissimi, a volte
incontrollabili.
Cassandra guardò di sbieco i poliziotti
ricomporre i cadaveri e
sgusciò via di lì con i testicoli di una delle due
vittime; erano
finiti a pochi passi da lei, quando era cominciata
la
cagnara. Svoltò nelle buie trasversali del Korso e
si trovò
sommersa nella penombra, afferrò quelle due
tenere ovette e ne
fece un sol boccone.
Non aveva notato che un'ombra la seguiva da
lontano e non vi fece
mai caso, anche se poi ebbe modo di conoscere
intimamente i suoi tegami.
Fu bollita, rosolata, cucinata in tutte le salse, i
clienti
dell'House pagavano un occhio della testa, ed
anche un polmone,
per degustare la famosa passera in salsa tartara.
Tutta la scena era stata ripresa via satellite dalle
agenzie di
stampa che ne fecero il teleromanzo della
settimana: sette puntate
mozzafiato da seguire via cavo comodamente in
casa propria ; titolo:
" delitto e castigo" .
Quella mattina Alpo si era svegliato con una strana
sensazione addosso, come se un'improvvisa, remota
terra stesse vibrando fra le sue stesse membra. Come le narici si dilatano all'aroma del caffè e lasciano penetrare il senso attraverso il setto, così sentiva addosso al suo cerebro le mani invitanti d'una remota Ghea. Lungo la strada che lo separava dall'agenzia, quest'aroma s'insinuava sempre più fra i suoi neuroni, soffiando lungo le vertebre il caldo vento umido dal fragrante humus. Lo schermo trasmetteva un nuovo video film a puntate dal titolo enormemente lungo. Lo schermo viscido d'unto della sotterranea di tappeti e scale
mobili abbandonò il campo visivo di Edgar che si apprestava a risalire in superficie. Il centro commerciale che si snodava lungo le uscite della sotterranea era tutto uno sfavillio di luci e colori, abbaglianti per chi era abituato, come lo erano quasi tutti i pendolari, alla scarsa luce della periferia. Sogni in offerta speciale, dalle ammiccanti vetrine, invitavano ad entrare nel mondo dei giusti; profumi e balocchi per l'illusione di un giorno o forse più. Ai margini di queste luminescenti cornici, gettati in terra come stracci vecchi, i poveri, gli incapaci deboli stritolati dalla grande ruota della fortuna, le macchie grevi della metropoli. Alpo, ogni volta che scorgeva uno di questi derelitti, sentiva in sé uno strano senso di colpa, come se fosse stato lui, proprio lui, l'artefice della disfatta di tutti quegli esseri. Cercava di alleviare il suo peso con un'elemosina, ma, per ogni obolo offerto, nelle tempie battevano come cupi colpi gli sguardi dei mille altri che era impossibile accontentare. E fu proprio per sfuggire a questa oppressione che proseguì il suo cammino
a testa bassa,.. destinazione? Una vecchia chiesa sconsacrata utilizzata tempo addietro come garage privato. -Forse Jung,con la sua straordinaria capacità di veggenza onirica avrebbe potuto scorgervi i deliziosi stucchi che un tempo l'affrescavano e nei suoi occhi sarebbero riapparsi gli splendidi cromatismi dei mosaici alle finestre ormai in frantumi. Edgar Alpo vi leggeva unicamente la metafora dei nuovi valori,
l'orribile proiezione dell'inconscio collettivo incosciente- Agenzia OLOFUNEBRe-La BLANCHe-, diceva la porta dal suo similvetro molato; dietro la porta c'era la
sala di rappresentanza con un'impiegata addetta alla gestione clienti. Il laboratorio di montaggio olo-fù era piazzato in quella che un tempo era stata la sagrestia, ogni tanto c'era chi giurava di sentirci l'odore denso e pregnante dell'incenso e delle steariche. Beppe era già al suo posto,dopo circa dieci minuti arrivò Zuc e,notando che Edgar era assai distratto subito lo imbeccò. "Alpo?-cominciò- "Anche stanotte la nostra donna ti ha dato del filo da torcere,eh?". "Eh? Si"-rispose meccanicamente com'era abituato a fare. "Se ti stanca così? tanto potresti mandarla un pò da me". Poi, soffermandosi a contemplare la figura di una defunta che
aveva riprodotto in olo-fù con predisposizione orgasmica,sospirò: "Con un culo così, avrei risolto i problemi della mia vita! Ehi,Alpo, un culo così non avrà mica bisogno di lavorare!”
fine quarto episodio