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domenica 10 luglio 2011

Il pazzo e il pendolo

" Stoltezza fanciullesca reca salute."


Le vie erano popolate di megafoni, ad ogni 

crocicchio potevi

ascoltare, ininterrottamente, la propaganda ;

eppure, nonostante quel chiassoso vociare di

voci asettiche, la gente continuava a vivere.

Vietati da tempo gli assembramenti umani con un 
nucleo superiore

alle tre persone, l'unico modo che restava a chi 

volesse contatti

sociali era il bagno delle folle, le vie erano piene di

struscinatori, gli orgasmanti di folle, sino al 

coprifuoco.

Cassandra lo sapeva bene che aveva tutto il 

tempo che le

occorreva: si era vestita, rossa, come una 

enorme, invitante bocca e

vagava fra gli effluvi di umori cittadini. 
 
Sembrava, con quel suo frusciante mantello, una 

manta

sanguigna. Le gambe sgusciavano dal purpureo

drappo come compassi che misurano il mondo .

Camminava rasente le botteghe dei distributori di 
merce, con

l'incedere di un felino, cercava solo il suo

particolare umore. Ad un tratto la vista fu scossa 

da un leggero

luccicore, aveva captato un emanatore di flussi 

nel suo campo

sensoriale. Non fece assolutamente nulla, non le 

sarebbe punto

piaciuto se quello lì fosse stato un emanatore 

incosciente, senza

potere, quindi si limitò a lasciargli la sua scia 

feromonica lungo il sistema neurale.


Due ratti da combattimento si erano azzuffati 

all'angolo della

strada: i loro rispettivi padroni erano stati 

sgozzati dalla

furia omicida di questi nuovi animali da guardia 

allevati in

laboratori e fognature, cattivissimi, a volte 

incontrollabili.

Cassandra guardò di sbieco i poliziotti 

ricomporre  i cadaveri e

sgusciò via di lì con i testicoli di una delle due 

vittime; erano

finiti a pochi passi da lei, quando era cominciata 

la

cagnara. Svoltò nelle buie trasversali del Korso e 

si trovò

sommersa nella penombra, afferrò quelle due 

tenere ovette e ne

fece un sol boccone.

Non aveva notato che un'ombra la seguiva da 

lontano e non vi fece

mai caso, anche se poi ebbe modo di conoscere 

intimamente i suoi tegami.

Fu bollita, rosolata, cucinata in tutte le salse, i 

clienti

dell'House pagavano un occhio della testa, ed 

anche un polmone,

per degustare la famosa passera in salsa tartara.

Tutta la scena era stata ripresa via satellite dalle

agenzie di

stampa che ne fecero il teleromanzo della 

settimana: sette puntate

mozzafiato da seguire via cavo comodamente in 

casa propria ; titolo: 
 

" delitto e castigo" .


Quella mattina Alpo si era svegliato con una strana 
sensazione addosso,  come se un'improvvisa, remota 
terra stesse vibrando fra le sue stesse membra.
Come le narici si dilatano all'aroma del caffè e lasciano 
penetrare il senso attraverso il setto, così sentiva addosso al
suo cerebro le mani invitanti d'una remota Ghea.
Lungo la strada che lo separava dall'agenzia, quest'aroma 
s'insinuava sempre più fra i suoi neuroni, soffiando lungo le 
vertebre il caldo vento umido dal fragrante humus.

Lo schermo trasmetteva un nuovo video film a puntate dal titolo 
enormemente lungo. 
Lo schermo viscido d'unto della sotterranea di tappeti e scale
 mobili abbandonò il campo visivo di Edgar che si 
apprestava a risalire in superficie.
Il centro commerciale che si snodava lungo le uscite della 
sotterranea era tutto uno sfavillio di luci e colori, abbaglianti 
per chi era abituato, come lo erano quasi tutti i pendolari, alla 
scarsa luce della periferia.
Sogni in offerta speciale, dalle ammiccanti vetrine, invitavano ad 
entrare nel mondo dei giusti; profumi e balocchi per l'illusione 
di un giorno o forse più. Ai margini di queste luminescenti 
cornici, gettati in terra come stracci vecchi, i poveri, gli 
incapaci deboli stritolati dalla grande ruota della fortuna, le 
macchie grevi della metropoli.
Alpo, ogni volta che scorgeva uno di questi derelitti, sentiva in
sé uno strano senso di colpa, come se fosse stato lui, proprio 
lui, l'artefice della disfatta di tutti quegli esseri. Cercava di 
alleviare il suo peso con un'elemosina, ma, per ogni obolo 
offerto, nelle tempie battevano come cupi colpi gli sguardi dei 
mille altri che era impossibile accontentare. E fu proprio per 
sfuggire a questa oppressione che proseguì il suo cammino 
a testa 
bassa,.. destinazione?  Una vecchia chiesa sconsacrata 
utilizzata tempo addietro  come garage privato.

-Forse Jung,con la sua straordinaria capacità di veggenza onirica 
avrebbe potuto scorgervi i deliziosi stucchi che un tempo 
l'affrescavano e nei suoi occhi sarebbero riapparsi gli splendidi 
cromatismi dei mosaici alle finestre ormai in frantumi.
 Edgar Alpo vi leggeva unicamente la metafora dei nuovi valori, 
l'orribile proiezione dell'inconscio collettivo incosciente-

Agenzia OLOFUNEBRe-La BLANCHe-,

diceva la porta dal suo similvetro molato; dietro la porta c'era la 
sala di rappresentanza con un'impiegata addetta alla gestione clienti.

Il laboratorio di montaggio olo-fù era piazzato in quella che un
tempo era stata la sagrestia, ogni tanto c'era chi giurava di 
sentirci l'odore denso e pregnante dell'incenso e delle 
steariche. Beppe era già al suo posto,dopo circa dieci minuti 
arrivò Zuc e,notando che Edgar era assai distratto subito lo 
imbeccò.
"Alpo?-cominciò-
"Anche stanotte la nostra donna ti ha dato del filo da 
torcere,eh?".
"Eh? Si"-rispose meccanicamente com'era abituato a fare.
"Se ti stanca così? tanto potresti mandarla un pò da 
me".
Poi, soffermandosi a contemplare la figura di una defunta che 
aveva riprodotto in olo-fù con predisposizione orgasmica,sospirò:
"Con un culo così, avrei risolto i problemi 
della mia vita!
 Ehi,Alpo, un culo così non avrà mica bisogno di 
lavorare!” 
fine quarto episodio