SUNN IL MITE NON EFFETTUA ALCUN MONITORAGGIO O ANALISI DEI DATI DEGLI UTENTI

*

domenica 26 settembre 2010

Gli uomini del marketing ti leggono nel pensiero e hanno molti modi per farti acquistare

titolo originale: Mind-reading marketers have ways of making you buy
translation: Luca Giammarco
seconda ed ultima parte


La ricerca della ricompensa emotiva
I neuroeconomisti pensano adesso all'ammontare di attività in queste regioni cerebrali come ad una sorta di corrente universale della desiderabilità, che consente al cervello di valutare differenti ricompense emozionali. “ Ci sono numerose prove a suffragio del fatto che i segnali di queste regioni costituiscono un valore importante,” afferma Berns, “ e anche molto sensato. Noi cerchiamo continuamente di prendere decisioni fra cose che, pur avendo lo stesso valore, sono completamente differenti, come andare al cinema, uscire fuori a cena o passare del tempo con chi si ama.”


Scoperte come questa hanno incoraggiato i ricercatori di mercato a credere di poter accedere ai desideri profondi e alle preferenze riposte nelle teste dei consumatori. Negli ultimi anni, un flusso costante di imprese si sono rivolte ad aziende come la NeuroFocus.
Vuoi sapere se il design di una nuova auto sollecita i tasti giusti? Controlla se manda su di giri i centri ricompensa direttamente nel cervello!
Questa pubblicità farà si che la gente ami il nostro prodotto? Misura il responso emozionale che genera nel cervello!


Il mercato dei marchi famosi, in particolare, è una sorta di “concessionario di nirvana”, sostiene Nobles. “ A mano a mano che un settore di mercato si affolla, la differenza fra i prodotti non è poi così rilevante [ Nobles nomina alcune marche di vodka]. Ciò che differenzia realmente il prodotto è il “marchio”. E' il “contenuto emotivo” creato attorno alla “marca” che stiamo cercando di ottenere a far presa su di noi.”


Alcune compagnie del neuromarketing utilizzano la fMRI [ risonanza magnetica funzionale ], quale strumento nelle decisioni di neuroeconomia, poiché è particolarmente atta a identificare le strutture anatomiche tridimensionali e localizzare l'attività cerebrale. Tuttavia, a causa degli alti costi e delle sfide tecniche, i ricercatori di consumi sono molto scettici riguardo questo approccio. Chiunque si sottopone ad una scannerizzazione cerebrale deve rimanere immobile: basta un solo movimento di pochi millimetri della testa in venti minuti per invalidare i dati raccolti. Anche i tempi decisionali sono assai esigui, con un lasso di tempo di circa 5 secondi fra lo stimolo e l'attività cerebrale visibile. Ciò rende estremamente difficile la raccolta di informazioni utili riguardo a eventi , come la pubblicità televisiva, che si svolgono secondo per secondo.


Per questi motivi, la maggior parte delle compagnie di neuromarketing – come la NeuroFocus- preferiscono utilizzare l'EEG, [ elettroencefalogramma ], una metodologia tecnicamente meno impegnativa, che registra l'attività cerebrale attraverso degli elettrodi posizionati sul cranio. Non solo è più facile da usare, l'EEG ha il grande vantaggio rispetto all' fMRI di fornire informazioni in tempo reale.
Conformemente a quanto sostenuto dal principale consulente scientifico della NeuroFocus, il neuroscienziato Robert T. Knight dell'Università di California, Berkley, il tracciato di un elettroencefalogramma può rivelare le tre cose che i ricercatori di mercato necessitano conoscere:
Crea attenzione?
Suscita emozioni?
E' stato memorizzato?”
Se un prodotto non soddisfa questi tre requisiti non avrà alcun successo.


Funziona tutto ciò? Come la maggior parte di ciò che avviene all'interno delle compagnie di neuromarketing tutto è tenuto nel più stretto riserbo, è difficile avere delle certezze, afferma Berns. Nonostante questo, egli crede che le conoscenze dei neuroeconomisti possano essere utilizzabili, in special modo durante la fase di sviluppo di un prodotto. Tim Behrens, un neuroscienziato dell'Università di Oxford, concorda, ma hai dei dubbi sull' EEG. “ Se hai qualcuno in uno scanner fMRI e gli mostri il tuo spot, posso immaginare che possa fornirti delle risposte circa le sue propensioni all'acquisto. Penso che sia possibile,” sostiene. “Ma poter trarre simili informazioni con l' EEG? Non ne sono affatto sicuro.”
Il problema è che l' EEG non può locare con precisione la provenienza del segnale. Così, ad esempio, non puoi vedere direttamente l'attività cerebrale nelle “aree ricompensa” o nei centri emozionali. D'altro canto, il neuroscienziato Michael Smith della NeuroFocus di Berkley sostiene che può essere sufficiente per carpire informazioni utili mediante l'utilizzo di varie altre misurazioni e osservando alcuni elementi caratteristici della attività neurale (see "Mind-reading marketers").


Uno studio condotto lo scorso anno sembra confermare quanto asserito. Una impresa internazionale di cosmetici ha testato due versioni leggermente differenti di uno spot pubblicitario utilizzando un tradizionale “focus group”. Hanno scoperto che uno spot era decisamente preferito all'altro, nonostante il fatto che gli esaminati non trovassero alcuna differenza fra i due. La cosa sorprendente è che l' unica differenza fra gli spot è nella durata di una scena, nella quale, una modella guarda passivamente la camera e si tocca la guancia con il dorso della mano; in uno spot la sua durata è di 4 secondi, 3 nell'altro. Per capire come ciò possa avere un simile impatto la compagnia si è rivolta ad un gruppo di neuroscienziati guidati da Rafal Ohme dell'Accademia delle Scienze Polacche in Varsavia. Mediante le scansioni effettuate con l'EEG di 45 donne, fra i 25 ed i 35 anni, hanno riscontrato che il gesto [ toccarsi la guancia con il dorso della mano] produceva un breve ma significante picco emozionale durante la scena suddetta (Journal of Neuroscience, Psychology and Economics, vol 2, p 21).


Un altro studio mostra ancor più chiaramente le potenzialità commerciali della scannerizzazione EEG. Un gruppo di ricercatori, presso l'Università La Sapienza di Roma, in Italia, ha mostrato un film di 30 minuti a 15 volontari contenente tre spot pubblicitari. L'anno scorso sono riusciti a “predire” quale degli spot le persone avrebbero ricordato meglio semplicemente previa analisi dei tracciati EEG (Brain Topography, vol 23, p 165).


I desideri nascosti
I sostenitori del neuromarketing sostengono che questa sia la dimostrazione che l'EEG è in grado di prevedere “cosa vendere” in maniera più diretta e obbiettiva rispetto ai questionari ed ai focus group.
Sostengono inoltre che non è necessaria una scannerizzazione ad ampio spettro, poche persone possono fornire un quadro rappresentativo del pensiero dei consumatori. La ricerca per piccoli gruppi è lo standard negli studi condotti con l'EEG, conferma Knight, poiché i cervelli reagiscono in maniera abbastanza uniforme allo stesso stimolo.


Naturalmente, il marketing sarà sempre più un' arte […???..!!!...] che una scienza , neanche la scannerizzazione cerebrale potrà trasformarlo in una impresa propriamente scientifica. Nondimeno, compagnie che producono prodotti di consumo, incluso giganti come la Procter & Gamble e la Campbell Soup Company, si rivolgono sempre più spesso al neuromarketing per le loro ricerche di mercato.
Come sostiene Darren Bridger, direttore del laboratorio operativo della NeuroFocus Europa, ogni oggetto concepibile può essere testato direttamente nel cervello: pubblicità, spot cinematografici, merendine, accessori, imballaggi, bevande, modelli di auto e qualsiasi progettazione al primo stadio di nuovi prodotti. Berns sostiene che non ci vorrà molto prima che il neuromarketing venga utilizzato dai candidati politici (Nature Reviews Neuroscience, vol 11, p 284).


Se pensi che tutto questa società dei consumi suoni terribilmente Orwelliana, non sei affatto solo. Lo stesso Berns sostiene che l'introduzione delle neuroscienze nel marketing, che serve a vendere più prodotti, fa insorgere questioni di natura etica. Potrebbe essere usato per convincere le persone a comprare cose che non vogliono, di cui non hanno bisogno affatto e che non possono permettersi?”


Questa è una discussione che deve essere affrontata dagli studiosi di Etica,” dice Smith. “ Ma le preoccupazioni a riguardo ci stanno fornendo ulteriore credito. Non progettiamo prodotti che la gente non vuole per convincerli a comprarli – aiutiamo i nostri clienti a capire meglio cosa vuole la gente, così che possano soddisfare tali bisogni. Non esiste alcun “pulsante per gli acquisti” nel cervello. Se la gente dice che potrebbe essere così, è una grossa ed esagerata semplificazione.”


[...segue la descrizione dell'esperimento copertina di NewScientist che tralascio...]


Fonte: NewScientist