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domenica 1 agosto 2010

Nino Ferrer

Questo trafiletto l'ho pubblicato su una pagina mia propria di Facebook ovvero "Cara mamma Rai, sigle TV" e lo riporto intergalmente.
E' consuetudine dello scrivente inframezzare, sporadicamente, la reiterata pubblicazione di links con alcuni trafiletti dedicati a quei personaggi che hanno contrassegnato la storia della televisione. E' stato così per Luigi Vannucchi, per Alighiero Noschese, per Daniele D'Anza e, più di recente, per il maestro Lelio Luttazzi. Ma "l'artista", per antonomasia, di quegli anni a cui mi son sentito più legato è stato, senza meno, Nino Ferrer ; e se, fino ad ora, non ho mai postato una nota in merito è stato perchè mi risulta estremamente difficile mantenere un appropriato "aplomb" nella stesura - sia pure di un mero trafiletto - in quanto, emotivamente, sono troppo coinvolto. Nell'universale simbolico di un bambino sono, essenzialmente, due i linguaggi allegorici che si sedimentano, indelebilmente, nella coscienza : il primo è quello animato ed il secondo è quello musicale ed entrambi tracciano una scia sulla quale si intarsiano sensazioni ed emozioni fortissime ed è estremamente problematico, per non dire impossibile, riuscire a districarsi da questo ginepraio emotivo. E se oggi mi son deciso a buttare giù due righe devo rendere giusto plauso ad Anna Maimone che, con i suoi commenti, mi ha spronato a scrollarmi di dosso tutte le remore inducendomi a stendere una nota in ricordo di Nino Ferrer. Quando, quel disgraziatissimo 13 agosto del '98, le agenzie di stampa batterono la notizia che Nino Ferrer si era tolto drammaticamente la vita nella sua residenza di Montquc fui percorso da un impercettibile fremito e, quasi d'incanto, avvertii, come insostenibile, il "peso" dei miei 32 anni. La sua tragica fine mi rese, all'istante, edotto che con lui se ne andava, definitivamente, anche una parte della mia infanzia meravigliosa. Eppure Nino Ferrer aveva abbandonato, volotariamente, il proscenio televisivo da oltre venti anni e se si eccettua una fugacissima apparizione ad un programma televisivo condotto da Red Ronnie, dove si esibì in un suo classico "La pelle nera", in Italia non aveva messo più piede rifugiandosi nella sua residenza francese di Montquc. Epperò, inconsciamente, preservavo la certezza che, prima o poi, sarebbe, come per magia, risorto agli allori e sarebbe ritornato sul proscenio del successo regalandomi, ancora una volta, la spensieratezze e la felicità dei miei anni più belli accompagnati da quelle melodie semplici ed orecchiabili, dalle arie di "Donna Rosa" a quelle di "Don Giovanni" - il primo motivetto che ballai con una ragazza - passando per "Agata" ed "Il baccalà". Ma la notizia della sua morte suscitò in me anche una sorta di rimorso. Con l'adolescenza e, quindi, alla fine degli anni '70 avevo, decisamente, preso le distanze da questo "canzonettiere" cimentandomi nell'ascolto di musica più "impegnata", confacente e "politicamente corretta". Fra Bennato, Branduardi, Guccini ed i Nomadi, insomma, per Nino Ferrer non c'era, dunque, più posto. Le tragiche circostanze della sua morte, quindi, mi ridestarono da un sopito torpore. La prima sensazione che ebbi fu quella della compassione intesa, però, non nel senso "latino" del termine, inficiato da una larvata supponenza di matrice paracattolica, ma nel senso "mittleuropeo" di "com" "passione" ovvero passione "con", "insieme", ovvero nella stessa desinenza etimologica del termine "compartecipazione". Io serbo un profondissimo rispetto per la vita ma, parimenti, nutro un equivalente rispetto per coloro che decidono di porre fine altrimenti alla loro. Ed insieme a questa accezione di "compassione" fui preso da un impulso irrefrenabile di tornare indietro, di risalire a ritroso per "riscoprire", ancora una volta, oltre all'artista l'uomo Agostino Arturo Maria Ferrari. Un preziosissimo, ed insostituibile, ausilio in questa ricerca lo ha rivestito il web che mi ha permesso di operare una ricerca esaustiva e mirata disvelando una personalità insospettabile ed una statura artistica assoluta. Oggi posso affermare che, in Italia, Ferrer è, praticamente, ancora, nonchè colpevolmente, misconosciuto relegato, da una asfissiante sordina, in una posizione comprimaria. Invece in Francia è considerato, giustamente, non soltanto un musicista di culto ma una personalità di prim'odine. Nel 1986 fu insignito del titolo di "Cavaliere delle arti e delle lettere" in virtù non solo del suo trascorso sul pentagramma ma anche della sua eclettica e geniale personalità che lo portò al conseguimento, presso la Sorbona, della laurea in "Lettere e filosofia", della specializzazione in "etnologia" e dell'incarico di conferenziere per conto del prestigioso museo parigino dell'homme dove svolgeva la sua attività nel dipartimento della preistoria. Ma la sua verve artistica lo portò a cimentarsi, con successo, anche nell'ambito teatrale e cinematografico dove lavorò, tra gli altri, con un regista del calibro di Marcel Camus senza, infine, tralasciare la sua attività di disegnatore e pittore che lo portò ad esporre i suoi dipinti in svariate mostre tenute in Francia. Quanto alla sua attività musicale sono rimasto, letteralmente, sbalordito dalla sua discografia perchè, dopo aver abbandonato il proscenio della musica leggera, Ferrer ritornò alle sue origini - il jazz - e contrassegnò tutta la sua produzione spaziando dal blues, al rock, al jazz ed alla musica sperimentale curando, personalmente, sia gli arrangiamenti che il suono anche perchè, fra l'altro, era un eccellente tecnico del suono. Il mio invito è, dunque, quello di "sdoganare" Nino Ferrer dalla provinciale dimensione che la nostrana "cultura" gli ha etichettato e di riscoprirlo, in toto, attraverso la sua fantastica produzione discografica. Ho deciso di pubblicare questo filmato per rendere omaggio a Nino Ferrer che ho montato sulle arie di un brano, meraviglioso, che appare nel suo longplaying registrato dal vivo "Concert chez Harry" ovvero "Trapèze volant".