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sabato 10 luglio 2010

Ferdinando e la casina vanvitelliana

Situata nel lago del Fusaro, a Bacoli presso Pozzuoli, si erge una piccola meraviglia dell'architettura borbonica ovvero la casina vanvitelliana così detta dal nome dell'architetto che la progettò, su ordinazione del re Ferdinando IV, ossia Lodewijk van Wittel alias Luigi Vanvitelli. Il nome di Vanvitelli resterà, sempre, legato all'opera più bella mai realizzata sotto la dinastia borbonica vale a dire la reggia di Caserta definita, ab initio, la Versailles del sud tanto le era vicino per magnificenza, opulenza e splendore al punto da indurre alcuni critici di storia dell'arte più eterodossi a sostenere fosse più consono definire Versailles la reggia di Caserta del nord. Lo scrivente, però, è rimasto letteralmente incantato da quest'altra opera, misconosciuta a molti, messa su quasi in sordina dal famigerato re "lazzarone". Ferdinando IV, sin da adolescente e, quindi, sin da quando assunse le redini del regno di Napoli, si dimostrò alquanto insofferente alla vita di corte, ai suoi protocolli ed alle sue etichette e tale ritrosìa la mantenne anche negli anni a venire prefrendo, e di gran lunga, a questa sfarzosa vita di palazzo le battute di caccia e pesca. Ed in questa ottica commissionò a Vanvitelli la costruzione di una dimora sua propria dove rifugiarsi dall'asfissiante cricca di ambasciatori, politicanti, ruffiani, baldracche e cortigiani. E, con il passar degli anni, prese sempre più a rifugiarsi in questi lidi tant'è che sono rimasti celeberrimi i suoi dinieghi al rientro a corte adducendo importanti, e segretissime, motivazioni di Stato. In realtà Ferdinando se ne infischiava altamente della fitte trame ordite da Maria Carolina - anche ai suoi danni - e preferiva trascorrere le sue giornate in compagnia delle persone umili ai quali, molto spesso, non palesava neanche la sua vera identità assumendo, in questo, un contegno incredibilmente simile ad un altro "monarca" della Roma imperiale ovvero tale Lucio Enobarbo alias Nerone uno degli imperatori più amati e venerati nella millenaria storia dell'Urbe. Consapevole, altresì, dell'aggravio che avrebbe potuto comportare sui bilanci dello Stato, Ferdinando commissionò quest'opera in un'ottica finanziaria diametralmente opposta a quella fatta da suo padre Carlo per cui mentre quest'ultimo non lesinò, punto, nella sfarzosità da conferire alla reggia egli si mantenne, di contro, assai parco ed avveduto nella realizzazione della sua nuova dimora conferendole un piglio quasi spartano e dando, ciò nondimeno, alla luce un piccolo gioiello dell'architettura. Sono rimasto particolarmente colpito proprio da questa "essenzialità" della casina vanvitelliana che si coglie in pieno visitando le stanze, poche, che la compongono e questa "sobrietà" strideva, maledettamente, con tutti gli epiteti che, sul conto di questo re, si sono tramandati fino a noi specie, poi, se paragonata alle dimore faraoniche, per non dire volgari e pacchiane, dei sedicenti signori dei nostri giorni. Da un punto di vista architettonico la casina vanvitelliana è, senza meno, un piccolo gioiellino ma l'unico "sfarzo" che Ferdinando si concesse furono i fregi, in gesso, sulle porte finestre e due piccoli affreschi sulle volte di due vani. Da palazzo reale fece pervenire anche quattro affreschi raffiguranti scene di vita bucolica ma di queste opere non ne è rimasta traccia perchè i "rappresentanti del popolo" della sedicente "repubblica partenopea" del 1799, ben pensarono di trafugarli e di rivenderli agli occupanti francesi. Questo piccolo reportage fotografico è stato realizzato da un dilettante - lo scrivente - ma lo scopo non era, tanto, quello di riprenderne gli interni ma di posizionare la macchina fotografica ad altezza d'uomo e cercare di lanciare uno sguardo analogamente a quello che avrebbe potuto fare re Ferdinando per cui mi sono prodigato nello scattare istantanee che riprendessero quegli esterni che tanto avevano affascinato questo re "lazzarone" e per i quali, presumibilmente, scelse proprio questo remoto anfratto del regno per edificarvi questa dimora