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giovedì 15 aprile 2010

Biberon e bisfenolo A: allarme endometriosi

Biberon e bisfenolo A: allarme endometriosi
14/04/2010 - gab

Ancora polemica per la presenza del bisfenolo A nei biberon e negli altri complementi da cucina in policarbonato. Le autorità europee prendono tempo, mentre subentrano i primi divieti in Danimarca e Francia. In Italia sono già disponibili biberon bisphenol-free. Ecco le marche...

Il bisfenolo A è un interferente endocrino, presente nei materiali in policarbonato. Su queste pagine on-line ne abbiamo già parlato spesso, ma ancora si aspettano le decisioni dell'Autorità per la sicurezza alimentare europea. Nel frattempo alcuni paesi, come la Danimarca, decidono di limitare la vendita di articoli per l'infanzia per uso alimentare contenenti Bisfenolo A, quindi biberon e tazze di policarbonato, la materia plastica che principalmente fa uso di questo composto. In Danimarca il divieto entrerà in vigore dal primo luglio 2010. Anche in Francia, nella seconda metà di marzo, è stata approvata una proposta del gruppo RDSE (Rassemblement Démocratique et Social Européen, a maggioranza radicale di sinistra) in cui si chiedeva la sospensione della vendita di biberon alla cui base di costruzione ci sia il Bisfenolo A.

Anche in Italia ci si adegua e ci sono diversi marchi che vendono biberon senza Bisfenolo A. L'elenco, insieme ad approfondimenti sull'intera tematica, è disponibile sul sito di Roberto La Pira "Il futuro dei consumi", che elenca la lista dei biberon senza Bisfenolo venduti in Italia: sono Mebby, Mam, Avent -Philips, Nuk, mentre "Chicco - scrive La Pira - ha introdotto solo da pochi mesi una linea senza BPA e continua a vendere i vecchi modelli in policarbonato".

Un aggiornamento sui timori della tossicità del prodotto è arrivato inoltre dal recente congresso internazionale condotto dalla Federazione Italiana Endometriosi: secondo una ricerca, il bisfenolo A, che si trova appunto in comuni materiali plastici, potrebbe essere una delle cause dell'endometriosi, o comunque potrebbe aumentarne il rischio. La patologia colpisce in Italia circa 3 milioni di donne.

Fonte: Terranuova
Ecoblog